GAY E OCCASIONI MANCATE

Solitudine, emarginazione, discriminazione, omofobia...
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progettogayforum
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GAY E OCCASIONI MANCATE

Messaggio da progettogayforum » domenica 9 giugno 2024, 10:21

Se vuoi bene a un ragazzo, anche solo un po’ cioè se ti importa veramente di lui, la prima cosa che devi fare quando ti rendi conto che non ragiona come te e anzi ragiona in modo praticamente opposto o in un modo che non riesci a capire, è chiederti il perché. Non è detto che tu arrivi a trovare un perché, potresti non averne la capacità, ma ci devi almeno provare. Quello che a te sembra strano per lui può essere la cosa più ovvia, quella più necessaria o semplicemente quella che lo fa stare meglio. L’atteggiamento più inopportuno è lo stupore e forse rinunciare del tutto a capire è ancora peggio. Ognuno ha una storia diversa e quindi una coscienza diversa che può sembrare incomprensibile fuori dal terreno nel quale si è sviluppata. Io non ho mai avuto un ragazzo, ho fatto sesso con alcuni ragazzi ma non ho mai avuto un ragazzo. “Quando navighi verso i 40 anni i giochi ormai sono fatti” questa frase mi accompagna da anni, è la spaventosa quarantina che si avvicina, la porta della mezza età. Non sei più un ragazzo, nemmeno un ragazzo grande, sei un uomo maturo, una fase della vita è finita e non tornerà. Ho cominciato a fare i conti in un altro modo, non i conti coi desideri frustrati, come facevo prima, ma i conti delle occasioni perdute per colpa mia, per mia superficialità o stupidità. Vedo adesso quante cose ho buttato via perché le svalutavo e non ero in grado di capirle. Una quindicina d’anni fa ero molto diverso da come sono oggi, ero sicuro di me stesso, credevo di poter capire tutto e di avere il diritto fi giudicare tutto, ricordo che un ragazzo si era innamorato di me ma non io di lui. Mi chiamava al telefono quasi ogni giorno, cercava in ogni modo di farsi notare, e io l’avevo notato perché era veramente bello, ma ci trovavo qualcosa di dissonante, di strano, di diverso. Lui cercava di sedurmi, proprio di tentarmi a livello sessuale, questa cosa per un verso mi eccitava ma per l’altro ero fiero di essere io a controllare il gioco. lui sapeva di avere in qualche modo un potere su di me, almeno allora pensavo che fosse così, ma probabilmente cercava solo di farsi accettare. Un giorno si creò l’occasione opportuna e mi raccontò la sua storia, una storia difficile, lontanissima dalla mia. Fu lì che cominciai veramente a storcere il naso. Lui si era fidato di me ma io non mi sono fidato di lui, se gli avessi detto quello che pensavo veramente sarebbe stato come dargli una possibilità e io non l’ho fatto, l’ho giudicato sulla base di categorie assurde, se fossi stato coerente avrei dovuto metterlo da parte ma non ho fatto nemmeno questo, volevo vedere fino a che punto sarebbe arrivato. E lui mi ha fatto capire che voleva fare sesso con me, e io ho fatto il moralista! Proprio il massimo dell’ipocrisia! L’ho respinto con una smorfia di disgusto. L’idea di sentirmi superiore ha prevalso su tutto il resto. Lui è sparito e non ne ho avuto più notizie, e sul momento io sono stato addirittura contento di non sentirlo più, adesso, dopo diversi anni, vorrei che fosse qui e vorrei chiedergli perdono per il male che gli ho fatto. Ho ritrovato le mail che mi mandava ed erano bellissime, ma io allora non capivo niente e l’ho respinto, ho respinto un ragazzo che fisicamente mi piaceva moltissimo e che si era innamorato di me. Ho condizionato pesantemente e al negativo sia la sua vita che la mia, perché non capivo niente. Oggi penso che con quel ragazzo sarei stato felice e avrei fatto felice anche lui, ma ormai è troppo tardi e a certi errori non si può più porre rimedio. L’esperienza ha un costo altissimo perché è costellata di errori e lascia molti caduti sul campo. Ho trovato un solo ragazzo che mi ha volto bene veramente e ho reagito con la spocchia di chi si sente stupidamente nel ruolo del giudice e di un giudice ipocrita. Spero che abbia trovato qualcuno migliore di me! Nelle relazioni affettive le sovrastrutture culturali provocano danni irreversibili e possono essere distruttive. Ho letto da qualche parte nel forum che per vivere bene sessualità e affettività ci vuole la nudità del corpo e anche la nudità dello spirito ed è verissimo! Liberarsi dalle sovrastrutture è difficile, ci si arriva maturando, peccato che quando ci si arriva si capiscono cose che non servono più. Questo è il mio rimpianto più grosso. Sono solo ma non per cause esterne, sono rimasto solo per la mia stupidità e ho fatto del male all’unico ragazzo che mi ha desiderato veramente. Quell’occasione è stata unica e io l’ho distrutta con una smorfia.
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Alyosha
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Re: GAY E OCCASIONI MANCATE

Messaggio da Alyosha » domenica 9 giugno 2024, 12:34

Come scrivi tu superati i 40 anni cominciamo a fare i conti con i limiti oggettivi del corpo se vogliamo dirla così o della realtà sarebbe meglio dire. Quest'ultima in qualche modo ostacola il nostro sentimento di onnipotenza, la nostra convinzione che tutto per noi è possibile o almeno desiderabile. Devo però anche dirti che questo non necessariamente è un male e che ci sono delle persone che non escono mai da questo posizionamento autocentrato se così vogliamo dire.
Fare i conti con i propri limiti può essere disarmante all'inizio, può essere spiacevole, guardarsi dentro con onestà, In qualche caso è angosciante. Alla fine ci difendiamo sempre e solo da noi stessi. Per questa ragione una vera intimità non è possibile con l'altro se prima non siamo disposti ad entrare in contatto con noi stessi. Meglio ancora direi con le parti più cupe, egoiste, esigenti, ma anche fragili, sole abbandonate, maltrattate di noi stessi.

Queste riflessioni sono quelle di un uomo maturo, che arriva attraverso la sofferenza a contattare se stesso e che oggi non teme di farlo.

Devo però anche dirti che la descrizione che fai della storia è sufficientemente parziale. La vita relazionale coinvolge una seconda persona. Do per scontato che il nostro modo di essere seleziona determinate persone piuttosto che delle altre e tuttavia l'altro ha un'importanza decisiva, perché é esattamente parte di quella realtà che non ci appartiene ed è in grado di muoverci obiezioni. Riconoscere quindi una individualità specifica all'altra persona, separata dalla nostra, non attribuire a noi la responsabilità di gesti che ha compiuto è un ulteriore passo verso la libertà. Intendo la libertà dal senso di colpa o almeno dall'idea che sia dipeso da noi. Le cose sono andate come dovevano e abbiamo fatto quello che abbiamo potuto con gli strumenti che avevamo.

Il ragazzo di cui parli non mi pare avesse avuto atteggiamenti troppo diversi dai tuoi, si tratta di una autoreferenzialità più questuante per così dire, più dimessa, più bisognosa di cure, ma comunque non è un modo sano di approcciarsi alla relazione. Raccontarti la storia della sua vita l'ho visto com e un tentativo di agganciarti, tentativo "estremo" mi verrebbe da dire visto che gli altri non avevano funzionato. Essere l'elemento debole di una "competizione" non vuol dire non avere frecce al proprio arco, ma solo un atteggiamento più velato, che comunque è altrettanto "unilaterale". Resta comunque un atteggiamento che guarda a sé e alle proprie esigenze piuttosto che guardare all'altro e alla sua specificità.

Intendo dire che certe cose sono complicate per tutti non solo per te. "Denudarsi" ovvero raccontarti la propria storia quando il rapporto non è pronto o maturo per farlo equivale a "sedurti" non ad entrare in intimità con te. L'intimità richiede reciprocità ed è cosa diversa, implica un disarmarsi unilaterale, un rischio che non tiene in considerazioni le possibili conseguenze.

Con i sé e con i ma non si fanno ragionamenti ovviamente. Non sto affatto dicendo che non avresti potuto agganciare questa persona, ma solo che è molto probabile che avesse delle immaturità relazionali importanti almeno quanto le tue. Vedi competere dentro una relazione è un modo per non far circolare emozioni, perché non si è disponibili a farlo. Quando l'altro accetta questo "gioco" di seduzione, fatto di tira e molla, tentativi di mettere alla prova e così via, lo fa perché probabilmente nemmeno lui è disposto ad un'autentica intimità. Che poi il ruolo della "vittima" sia peggiore di quello del "colpevole" è tutto da dimostrare. Non è detto insomma che chi per qualche via riconosce il proprio ruolo e le proprie responsabilità all'interno di una relazione andata male sia quello messo peggio. Il dubbio, la sofferenza sono la porta del cambiamento, rimpallare sempre sull'altro un modo per non affrontare in modo serio i problemi.

Concludo dicendoti che guardare troppo al passato può essere controproducente nel tuo caso. La malinconia è un canto melodioso ma che avvinghia a cose che non ci sono mai state. E' il sentimento del non-vissuto, del non-detto, di cose che avrebbero potuto esserci ma non ci sono state. Sostare troppo in questa posizione melanconica può demotivarti rispetto al futuro che invece è progettualità. La tua ritrovata consapevolezza di quelli che sono i tuoi limiti relazionali è invece un ottimi punto di partenza per guardare oltre. Quarant'anni non sono così tanti come sembrano.

Un augurio per tutto!

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