ANNIVERSARIO DELLA FINE DI UNA RELAZIONE GAY
- progettogayforum
- Amministratore
- Messaggi: 6157
- Iscritto il: sabato 9 maggio 2009, 22:05
ANNIVERSARIO DELLA FINE DI UNA RELAZIONE GAY
Ciao Project, a 32 anni, esattamente un anno fa, ho rotto deliberatamente la mia relazione con un ragazzo col quale stavo da 7 anni, ho deciso di chiudere tutto perché non riuscivo a stare bene con uno che aveva altri ragazzi e aveva una vita molto libera, non che non mi volesse bene, anzi, però un po’ era per gelosia per la cosa in sé e un po’ per la paura della malattie, alla fine mi sono deciso e ho tagliato i ponti. Lui se lo aspettava, c’è rimasto solo un po’ male ma non ha cercato di salvare la relazione, anche perché io avevo un atteggiamento molto deciso. Da allora non è sparito del tutto, qualche sms, qualche breve telefonata, insomma, ha dato qualche segno della sua presenza, ma non di voler riprendere la relazione, che per me, quando esisteva, era molto importante e per lui probabilmente molto meno. Penso che non abbia conservato un’impressione negativa di me, le poche parole che abbiamo scambiato nel corso di quest’anno erano tranquille e direi pure simpatiche. Oggi, a un anno esatto dalla rottura della relazione, me lo sono sognato, un sogno erotico, e il sogno è stato molto bello e un po’ tutta la giornata è stata dominata dal suo ricordo. Ho ripensato a tante cose, un po’ mi manca, ma so che comunque non potrei riaverlo come avrei voluto, lui è troppo libero. Io in questi mesi ho conosciuto altri ragazzi, ma non solo non mi fanno nessun effetto, ma certe volte, dopo un primo scambio di idee, la reazione che mi viene è di rigetto, anche se sono ragazzi a posto e non mi hanno fatto nulla di male. Per me lui esiste ancora, e nonostante tutto, esiste soltanto lui. Avevo una raccolta di foto sue, anche parecchio esplicite, quando abbiamo chiuso la relazione le ho cancellate tutte e mi dispiace di averlo fatto. Lui mi ha detto che le mie non le ha cancellate, ma che ovviamente le cancellerebbe se io glielo chiedessi, ma spera che io non glielo chieda e certamente non glielo chiederò. Quindi non mi ha cancellato del tutto. Della sua vita sapevo poco anche prima ma adesso non so praticamente più niente, direi che ho imparato, cioè, sto imparando a non essere geloso, voglio dire che oggi come oggi, se mi trovassi nella condizione di un anno fa, non taglierei la relazione, me lo terrei nonostante il comportamento libero e gli altri ragazzi. Non so che fare, se provare a ricontattarlo o lasciare semplicemente scorrere il tempo, certo è che vorrei ricontattarlo, ma temo una doccia fredda. Riprovare? Ma se non ha funzionato la prima volta, potrebbe funzionare la seconda, dopo un periodo di ripensamento? Perché il ripensamento (con successiva rivalutazione), da parte mia c’è stato, ma da parte sua? Ok, non è sparito, ma non credo che il tempo lo abbia portato a rivalutare la nostra relazione e a considerarla una cosa da recuperare. Quindi che si fa? È passato un anno e non so che fare. Io di lui non ho neppure un solo ricordo negativo, voglio dire che momenti di rigetto come quelli che ho avuto con altri ragazzi, con lui non ne ho mai avuti, ho sempre saputo che lui aveva altre storie, non me lo ha mai nascosto. Poi sono un po’ complessato perché lui è bello veramente, io a mala pena sono passabile, a lui corrono appresso, a me non corre appresso nessuno, lo ha fatto solo lui e mi sembrava una cosa incredibile. L’anno scorso mi era presa la frenesia di “fare chiarezza”, di mettere i puntini sulle i, in pratica siccome non potevo averlo tutto per me ho deciso che dovevo chiudere… e adesso mi manca, mi manca molto. Ma se quando c’era ho deciso di chiudere, come è possibile che adesso mi manchi? Mi manca tutto di lui, dal suo modo di fare sesso, alla sua imprevedibilità, spesso positiva, mi manca il calore del suo corpo, lo sguardo dolce, mi mancano i momenti in cui mi stringeva le mani e chiudeva gli occhi. Vorrei che mi chiamasse, per qualunque ragione, e troverei il modo di mantenere il contatto, almeno saprei che ci tiene, ma so che non mi chiamerà, o magari lo farà tra un mese e con pochissime parole. Io sogno che anche lui, oggi, sia malinconico, sogno di mancargli e che lui mi abbia sognato stanotte. Oggi la malinconia è grande e l’indecisione mi fa proprio un affetto deprimente. Che ne pensi, Project? Io non so che fare, mi sento solo e non so che fare.
BLOG PROGETTO GAY http://progettogay.myblog.it/
BLOG STORIE GAY http://nonsologay.blogspot.com/
SITO PROGETTO GAY https://sites.google.com/site/progettogay/
STORIE GAY E NON SOLO https://gayproject.wordpress.com/
BLOG STORIE GAY http://nonsologay.blogspot.com/
SITO PROGETTO GAY https://sites.google.com/site/progettogay/
STORIE GAY E NON SOLO https://gayproject.wordpress.com/
Re: ANNIVERSARIO DELLA FINE DI UNA RELAZIONE GAY
Potrei dirti tante cose sul carattere della persona con cui hai condiviso sette anni della tua vita. E forse anche tu ti interrogherai meglio sulle ragioni che ti hanno legato a lui. Di solito, però, l’unica analisi che vale la pena fare è proprio questa: capire il "perché". Solo così questa sofferenza può trasformarsi in un’occasione di crescita.
Purtroppo stai affrontando un vero e proprio lutto. Quando una storia finisce, di fatto è un lutto, anzi, è persino più difficile, perché la persona è ancora viva. Eppure, è necessario fare lo sforzo costante di rispettare quel confine che hai tracciato con tanta fatica. Come hai scritto tu, questa relazione è semplicemente giunta alla sua naturale conclusione. Qualunque cosa sia accaduta, le storie finiscono per la stessa ragione per cui cominciano: seguono il loro corso.
Dovrai fare i conti con questo limite invincibile che ci rende profondamente umani: il tempo. È il tempo che ci ancora alla realtà e, sì, anche alla sofferenza. Ma è sempre il tempo a permettere la trasformazione, ed è solo attraversandolo che il cambiamento può avvenire.
Le cose, però, si devono volere in due. Ricostruire una relazione finita non è impossibile, anzi, accade spesso, soprattutto nelle coppie con figli. Ma ciò richiede un atteggiamento di fondo, una consapevolezza dei limiti reciproci e una maturità affettiva. Per quanto posso intuire da ciò che racconti, non sembra che queste qualità fossero presenti in lui.
È normale, comunque, che ti manchi. È normale non sentirti pronto per altre relazioni. Questa esperienza, però, si depositerà dentro di te come un punto di svolta fondamentale. E va bene così. Vuol dire che per te è stata una cosa importante, che ha avuto un valore. Alla fine, l’unica cosa che conta davvero è ciò che questa relazione ha significato per te.
Purtroppo stai affrontando un vero e proprio lutto. Quando una storia finisce, di fatto è un lutto, anzi, è persino più difficile, perché la persona è ancora viva. Eppure, è necessario fare lo sforzo costante di rispettare quel confine che hai tracciato con tanta fatica. Come hai scritto tu, questa relazione è semplicemente giunta alla sua naturale conclusione. Qualunque cosa sia accaduta, le storie finiscono per la stessa ragione per cui cominciano: seguono il loro corso.
Dovrai fare i conti con questo limite invincibile che ci rende profondamente umani: il tempo. È il tempo che ci ancora alla realtà e, sì, anche alla sofferenza. Ma è sempre il tempo a permettere la trasformazione, ed è solo attraversandolo che il cambiamento può avvenire.
Le cose, però, si devono volere in due. Ricostruire una relazione finita non è impossibile, anzi, accade spesso, soprattutto nelle coppie con figli. Ma ciò richiede un atteggiamento di fondo, una consapevolezza dei limiti reciproci e una maturità affettiva. Per quanto posso intuire da ciò che racconti, non sembra che queste qualità fossero presenti in lui.
È normale, comunque, che ti manchi. È normale non sentirti pronto per altre relazioni. Questa esperienza, però, si depositerà dentro di te come un punto di svolta fondamentale. E va bene così. Vuol dire che per te è stata una cosa importante, che ha avuto un valore. Alla fine, l’unica cosa che conta davvero è ciò che questa relazione ha significato per te.
- progettogayforum
- Amministratore
- Messaggi: 6157
- Iscritto il: sabato 9 maggio 2009, 22:05
Re: ANNIVERSARIO DELLA FINE DI UNA RELAZIONE GAY
Ho letto con interesse il commento di Alyosha, come sempre di estremo buon senso, e mi vengono in mente alcune riflessioni sulle relazioni concluse o quasi concluse. Prima di tutto osservo che, nonostante l’irrefrenabile scivolamento del forum verso la cristallizzazione in mero documento storico, esiste ancora, per quanto sporadica, una corrispondenza inviata al forum che tratta degli ex, del tramonto e della fine delle relazioni gay. Le storie nascenti non arrivano al forum ma seguono altre strade, quelle al tramonto diventano invece oggetto di malinconica riflessione e forse progetto, al momento almeno, è più adatto di altri luoghi a recepire queste malinconie. Da quello che osservo, nella maggior parte delle relazioni, che quando si concludono suscitano malinconia, è impossibile individuare una causa traumatica della rottura: non ci sono litigi o rese dei conti, non ci sono recriminazioni o tentativi di individuare un colpevole, in buona sostanza queste relazioni svaniscono, gli incontri si diradano, e almeno in parecchi casi, l’idea di recuperare la relazione viene in mente ad entrambi i partner, ma non si concretizza, resta un’ipotesi, un desiderio inespresso, come se un muro invisibile impedisse la riconciliazione. Mi sono chiesto tante volte perché queste relazioni vanno in crisi e non sono riuscito a trovare una motivazione credibile. In alcuni casi, e non rarissimi, si assiste a una riconciliazione, purtroppo spesso seguita, a distanza di tempo, da un altro allontanamento. Ho avuto molte volte l’impressione che i partner delle coppie in crisi si volessero ancora bene. Ho pensato spesso che il modello di relazione interiorizzato nelle prime fasi della vita possa di fatto essere un condizionamento pesante delle scelte individuali. Che cosa è realmente una relazione gay? Questa domanda ha infinite risposte, pensare che ne debba avere solo una, ben chiara e definita, porta a svalutare un’esperienza umana seria perché non è conforme ai nostri pregiudizi. L’idea di “chiarire”, “mettere i puntini sulle i” arrivare alla “resa dei conti”, sorge solo quando il modello astratto è talmente condizionante che tutto ciò che non vi si adatta viene automaticamente svalutato ed espulso, salvo poi rendersi conto di avere gettato via una cosa veramente importante perché non era al 100% secondo i nostri desideri. Voler bene a una persona dovrebbe significare soprattutto imparare a mettersi da parte, imparare a non chiedersi “che cosa ci guadagno” prima di compiere un gesto di affetto. Personalmente ho sempre apprezzato le coppie che, anche se la relazione va in crisi, riescono a conservare un buon rapporto di rispetto e di affetto, perché, e lo dico da vecchio, la vita affettiva non ruota esclusivamente intorno al sesso, il sesso c’è, ovviamente, ma ci sono tante altre cose che possono avere e hanno di fatto un’importanza enorme nella vita dei singoli, parlo delle amicizie che non sono rapporti di serie B. Espressioni come “tagliare, “chiudere”, “troncare” una relazione sottolineano la dimensione di rottura della relazione e inducono a pensare che i rapporti col partner siano e debbano essere definitivamente conclusi, e questo in genere fa male ad entrambi i partner. Vivere in modo disponibile significa avere sempre un atteggiamento di apertura rispetto alle esperienze della vita, che di sua natura è molteplice e complessa. Nessuna esperienza è mai definitivamente chiusa e superata.
BLOG PROGETTO GAY http://progettogay.myblog.it/
BLOG STORIE GAY http://nonsologay.blogspot.com/
SITO PROGETTO GAY https://sites.google.com/site/progettogay/
STORIE GAY E NON SOLO https://gayproject.wordpress.com/
BLOG STORIE GAY http://nonsologay.blogspot.com/
SITO PROGETTO GAY https://sites.google.com/site/progettogay/
STORIE GAY E NON SOLO https://gayproject.wordpress.com/
Re: ANNIVERSARIO DELLA FINE DI UNA RELAZIONE GAY
C’è un libro di Tiziano Terzani che considero stupendo e che ho letto durante il periodo in cui mi occupavo di pazienti cronici nella lungodegenza della terapia intensiva. Erano pazienti che rimanevano ricoverati anche per mesi, ma la cui sorte era, per tutti, già segnata. Si trattava essenzialmente di malati terminali ad alta complessità, gestibili solo in strutture di secondo livello.
In quegli anni, al di là delle sfide nella gestione clinica, mi sono spesso soffermato a riflettere sul senso della morte. Non quella improvvisa e inaspettata – come quella che oggi vedo spesso in Pronto Soccorso – ma quella lenta, segnata dalla sofferenza e dalla difficoltà della separazione. È in questo contesto che mi sono avvicinato alla lettura de “L’ultimo giro di giostra”, dove Terzani racconta la sua personale esperienza con la malattia e la morte. Il titolo del libro è emblematico: l’autore, come racconta, affrontò un primo ciclo di chemioterapia e un intervento chirurgico, per poi vivere la devastazione di una recidiva.
Quella che potrebbe apparire come una tragedia senza vie d’uscita, Terzani la ribalta, offrendone una prospettiva completamente diversa. L’ultimo giro di giostra, proprio perché tale, diventa il più bello di tutti. Perché? Perché consapevole che non ci sarebbe stata un’altra occasione, lo visse con un’intensità unica, apprezzando ogni momento.
Il senso profondo della vita sta tutto qui: nella comprensione autentica, non formale, di questa verità. Tutte le esperienze umane avvengono nel tempo. Si possono elaborare mille teorie sul perché le storie finiscono, ma la realtà è che esse si concludono per il semplice fatto che sono iniziate. Quello che a noi appare come un dramma, la temuta morte, non è altro che una benedizione. L’uomo non è fatto per l’eternità, né biologicamente né mentalmente. Nessuna esperienza, anche la più piacevole, potrebbe rimanere appagante se protratta all’infinito. Vi piace un hamburger? Provate a mangiarlo tutti i giorni, per sempre: scoprirete presto quanto perderà del suo fascino.
Lo stesso vale per tutto il resto. Anche le storie più belle e durature funzionano perché si trasformano nel tempo. Si ristrutturano, si modificano, evolvono. Persino la fine di una relazione, per quanto dolorosa, è una trasformazione: chi chiude bruscamente un legame innesta nell’altro dinamiche interiori simili al lutto. Tuttavia, anche questo processo porta a una nuova configurazione di sé, un percorso di rielaborazione e crescita. È una fase dolorosa, certo, ma è solo una fase. La figura del sé può sembrare frammentata, ma dai pezzi nasce sempre qualcosa di nuovo. Dalle ceneri di un’immagine andata in rovina, risorge una nuova identità, un momento rinnovato.
Questo è ciò che mi ha colpito di Terzani: la sua capacità di vedere, persino nella sua fase terminale, un’ultima occasione di crescita. È un esempio estremo, ma illuminante. Anche le esperienze più difficili possono essere trasformate in opportunità per raggiungere nuovi livelli di consapevolezza. E, quando possibile, per instaurare una qualità diversa di relazione con gli altri, persino con il proprio partner.
Certo, tutto questo richiede la volontà di entrambe le parti. Se l’altro non condivide lo stesso desiderio di trasformazione e crescita, il rapporto non può essere recuperato. Ma ciò non toglie che tu possa comunque intraprendere questo percorso per te stesso.
In quegli anni, al di là delle sfide nella gestione clinica, mi sono spesso soffermato a riflettere sul senso della morte. Non quella improvvisa e inaspettata – come quella che oggi vedo spesso in Pronto Soccorso – ma quella lenta, segnata dalla sofferenza e dalla difficoltà della separazione. È in questo contesto che mi sono avvicinato alla lettura de “L’ultimo giro di giostra”, dove Terzani racconta la sua personale esperienza con la malattia e la morte. Il titolo del libro è emblematico: l’autore, come racconta, affrontò un primo ciclo di chemioterapia e un intervento chirurgico, per poi vivere la devastazione di una recidiva.
Quella che potrebbe apparire come una tragedia senza vie d’uscita, Terzani la ribalta, offrendone una prospettiva completamente diversa. L’ultimo giro di giostra, proprio perché tale, diventa il più bello di tutti. Perché? Perché consapevole che non ci sarebbe stata un’altra occasione, lo visse con un’intensità unica, apprezzando ogni momento.
Il senso profondo della vita sta tutto qui: nella comprensione autentica, non formale, di questa verità. Tutte le esperienze umane avvengono nel tempo. Si possono elaborare mille teorie sul perché le storie finiscono, ma la realtà è che esse si concludono per il semplice fatto che sono iniziate. Quello che a noi appare come un dramma, la temuta morte, non è altro che una benedizione. L’uomo non è fatto per l’eternità, né biologicamente né mentalmente. Nessuna esperienza, anche la più piacevole, potrebbe rimanere appagante se protratta all’infinito. Vi piace un hamburger? Provate a mangiarlo tutti i giorni, per sempre: scoprirete presto quanto perderà del suo fascino.
Lo stesso vale per tutto il resto. Anche le storie più belle e durature funzionano perché si trasformano nel tempo. Si ristrutturano, si modificano, evolvono. Persino la fine di una relazione, per quanto dolorosa, è una trasformazione: chi chiude bruscamente un legame innesta nell’altro dinamiche interiori simili al lutto. Tuttavia, anche questo processo porta a una nuova configurazione di sé, un percorso di rielaborazione e crescita. È una fase dolorosa, certo, ma è solo una fase. La figura del sé può sembrare frammentata, ma dai pezzi nasce sempre qualcosa di nuovo. Dalle ceneri di un’immagine andata in rovina, risorge una nuova identità, un momento rinnovato.
Questo è ciò che mi ha colpito di Terzani: la sua capacità di vedere, persino nella sua fase terminale, un’ultima occasione di crescita. È un esempio estremo, ma illuminante. Anche le esperienze più difficili possono essere trasformate in opportunità per raggiungere nuovi livelli di consapevolezza. E, quando possibile, per instaurare una qualità diversa di relazione con gli altri, persino con il proprio partner.
Certo, tutto questo richiede la volontà di entrambe le parti. Se l’altro non condivide lo stesso desiderio di trasformazione e crescita, il rapporto non può essere recuperato. Ma ciò non toglie che tu possa comunque intraprendere questo percorso per te stesso.
- progettogayforum
- Amministratore
- Messaggi: 6157
- Iscritto il: sabato 9 maggio 2009, 22:05
Re: ANNIVERSARIO DELLA FINE DI UNA RELAZIONE GAY
Apprezzo molto le riflessioni e l’esperienza di Alyosha e anche il riferimento al libro di Terzani che lessi anni fa e che ogni tanto mi torna in mente quando mi fermo a pensare, da vecchio, alle prospettive che mi attendono. Si passa una vita per imparare prima a vivere e poi a morire. Sono temi che fanno riflettere e che aiutano a tenere i piedi ben saldi per terra finché né abbiamo il tempo. Ricordo uno scambio di idee con Piero Angela, quando non era ancora molto vecchio, non aveva paura della morte e usava, applicandola a sé, un’espressione molto dura, che allora mi sembrava quasi cinica: “Tutto quello che comincia deve finire.” In realtà aveva perfettamente ragione. Quella frase è un po’ la sintesi del discorso di Alyosha, e va applicata anche alle relazioni affettive, però non è certo una cosa facile passare da una condivisione teorica e di principio di quel discorso alla sua concreta applicazione nella propria vita individuale, è difficile per un vecchio e per un giovane lo è ancora di più. L’esperienza è una corazza che si indurisce a forza di disillusioni, capisco i sentimenti dell’autore della mail di apertura e se fossi nei suoi panni sarei anche io totalmente incerto sul da farsi. Mi limito a consigliare di seguire i propri impulsi affettivi senza cercare di prevedere le conseguenze di un gesto di riavvicinamento.
BLOG PROGETTO GAY http://progettogay.myblog.it/
BLOG STORIE GAY http://nonsologay.blogspot.com/
SITO PROGETTO GAY https://sites.google.com/site/progettogay/
STORIE GAY E NON SOLO https://gayproject.wordpress.com/
BLOG STORIE GAY http://nonsologay.blogspot.com/
SITO PROGETTO GAY https://sites.google.com/site/progettogay/
STORIE GAY E NON SOLO https://gayproject.wordpress.com/