ELOGIO DEL MIO PARTNER GAY

Coppie gay, difficoltà, prospettive, significato della vita di coppia dei gay
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ELOGIO DEL MIO PARTNER GAY

Messaggio da progettogayforum » sabato 30 ottobre 2021, 2:11

Caro Project,
ti sarai domandato perché ho messo un titolo alla mail e perché non ho scritto “elogio del mio ragazzo”. Intanto non gli piace sentirsi il ragazzo di nessuno, poi perché non è più un ragazzo, ha 43 anni, e poi perché un elogio se lo merita.
Io non ho mai avuto un carattere facile, faccio molte chiacchiere, spacco il capello in quattro ma rinvio sempre le decisioni e ho paura di tutto, cioè preferisco evitare di decidere, quando posso. Ho trovato pochi ragazzi che mi corressero dietro e quei pochi, dopo poco tempo, si stancavano e se ne andavano perché mi vedevano spento e poco partecipativo. Puoi capire che chances potevo avere io di trovarmi un ragazzo. In pratica manco lo cercavo. Non ero chiuso per principio a cose del genere però erano solo eventualità che io non andavo cercando.
Poi arriva lui, ormai parecchi anni fa. Ha due anni meno di me, ma a vederlo sembra proprio giovanissimo. Ci conosciamo all’università, frequentiamo lo stesso corso di laurea ma io sono al terzo anno, lui si è appena immatricolato. Io lo avevo notato perché era proprio bello, o almeno mi piaceva molto, aveva cominciato a scambiare due parole con me, come succedeva con cento altri ragazzi, ma poi quella chiacchieratina di cinque minuti è diventata di dieci, poi di venti, poi gli ho chiesto dove abitava e gli ho detto che lo avrei accompagnato volentieri a casa, lui mi ha sorriso e mi ha detto “grazie!” Tutto è cominciato così, non abitava vicino all’università e quindi passavamo insieme almeno 20-25 minuti ogni giorno. Mi parlava dei suoi studi, di quello che avrebbe voluto fare “da grande”, ecc. ecc., io gli raccontavo dei corsi degli anni successivi, dei professori e degli esami, non parlavamo di cose personali, ma l’abitudine di accompagnarlo a casa è diventata una regola. Non potevamo studiare insieme perché eravamo di anni diversi ma stavamo bene insieme. Il discorso tra noi era più significativo per quello che non diceva che per quello che diceva, non abbiamo mai parlato di ragazze, il che ovviamente si nota. Avevamo certamente qualcosa in comune: mai in discoteca, pensavamo soprattutto a studiare e a costruirci un futuro, provavamo entrambi una certa insofferenza per il nostro ambiente familiare, e soprattutto stavamo bene insieme.
Abbiamo cominciato a vederci anche la domenica, ufficialmente per andare in giro per musei e simili, ma in pratica solo per stare insieme. Stavamo insieme solo la mattina, poi, all’ora di pranzo lo riportavo a casa perché il pomeriggio dovevamo studiare. Tra noi c’era uno scambio di sorrisi unico, la mattina della domenica giocavamo come due ragazzini, dicevamo stupidaggini e ridevamo per qualsiasi cosa. Ricordo che c’era un manifesto pubblicitario del tonno “consorcio” che lui leggeva “con-sorcio” staccando bene le parole e si metteva a ridere e la risata si contagiava!
Il tempo passava, la situazione era gradevole, molto gradevole, ma non evolveva. Ovviamente avevo fatto più di un pensierino su di lui, ma avevo mille complessi, per me il sesso era solo una questione di fantasia, l’idea di poterci provare veramente ce l’avevo ma la respingevo con mille ragionamenti, dalla paura delle malattie, al fatto che lo avrei deluso, fino a scrupoli morali di vario tipo, residuo della mia educazione cattolica, nel senso che pensavo che in qualche modo fare sesso con lui sarebbe stato un po’ come fargli fare un’esperienza negativa, diciamo come sporcarlo un po’ ecc. ecc.. Lui, in teoria, non sapeva che io fossi gay, come io non lo sapevo di lui, non ce lo eravamo mai detto esplicitamente, ma, dopo sei mesi, solo un cretino avrebbe potuto avere dubbi e io ce li avevo e mi sentivo un cretino. Ho cominciato ad avere i dubbi amletici: glielo dico o non glielo dico? Ma non glielo dicevo comunque. Non mi chiedevo che cosa potesse pensare lui, che sarebbe stata la cosa più sana, pensavo a quello che potevo o non potevo fare io e basta, ma in questo modo non si andava avanti. Poi abbiamo cominciato a parlare di cose un po’ più personali e io ho cominciato ad avere paura che mi mettesse alle strette, ma non lo ha fatto, si è esposto lui per primo e mi ha raccontato di una mezza storia con un suo compagno di scuola che nemmeno lo guardava, ma che a lui piaceva molto, in pratica il suo coming out è stato questo. In quella situazione è ovvio che gli devi dire anche di te e io l’ho fatto e gli ho detto: “Non sono mai stato con un ragazzo, ma mi sa che non sono ancora pronto per queste cose”. La mattinata è finita come tutte le domeniche precedenti, l’ho accompagnato a casa e ci siamo salutati, ho notato che questa volta non ci siamo stretti la mano, come facevamo sempre, ma lui mi ha sorriso guardandomi negli occhi e mi ha detto: “Oggi sono molto contento” e io gli ho risposto: “Anche io”.
Project, a quel punto uno si aspetterebbe che si vada oltre, lui probabilmente se lo aspettava, ma io avrei fatto volentieri macchina indietro, avrei voluto cancellare quella domenica mattina, perché ormai avevo fatto un passo senza ritorno e avrei voluto non averlo fatto. È paradossale, ti trovi finalmente nella condizione che porterebbe a fare sesso con il ragazzo che hai sognato, perché per me era proprio al top, gli altri erano zero in confronto, e invece hai paura e cerchi di rinviare, di prendere tempo, di non decidere. In fondo il coming out lo aveva deciso lui, io come al solito non avrei fatto nulla, e mi chiedevo che cosa avrei fatto se avesse provato lui a fare ancora un passo avanti. Qui la tentazione era grande, ma anche la paura.
I suoi tentativi sono stati molto prudenti e graduali. La prima volta che mi ha toccato deliberatamente la mano, per avere un minimo di contatto fisico con me, io l’ho tirata indietro, allora lui ha ripetuto il gesto e io l’ho lasciato fare, non sapevo che cosa fare, volevo andare oltre ma volevo anche andarmene via. Ho provato a spiegarmi, ma era perplesso, non capiva, il mio comportamento gli sembrava assolutamente assurdo, diciamo pure patologico.
Vivevamo entrambi coi nostri genitori, quindi non potevamo vederci in casa e in macchina, la domenica mattina, si poteva arrivare a tenersi un po’ per mano, cosa alla quale eravamo arrivati non senza problemi stupidi da parte mia e non senza arrabbiature immediatamente represse da parte sua. Certo però che oltre quel livello non si poteva andare e devo dire che questo mi tranquillizzava. Io ero eccitatissimo quando stavo con lui, anche solo a tenerci per mano, ed era eccitatissimo anche lui.
Una domenica mi chiede se mi piacerebbe passare con lui un weekend, gli chiedo se intende dire anche dormendo insieme e mi dice di sì, e io comincio a tergiversare come mio solito, a non rispondere e a fare finta di niente e di essere distratto, lui insiste e io gli dico che non me la sento. Lui fa una smorfia di disappunto e mi dice: “Vabbe’, ho capito…” apre lo sportello della macchina e se ne va. Mi rendo conto, a distanza di anni, che deve esserci rimasto malissimo, perché in pratica io l’avevo rifiutato. Io, invece, sul primo momento mi sono sentito un grand’uomo, un eroe morale che gli aveva detto di no perché gli voleva bene veramente, al di là del sesso! Poi però già dopo un’ora mi mancava moltissimo, pensavo che non mi avrebbe più guardato in faccia, che forse non solo non avevo fatto niente di buono per lui ma l’avevo offeso in modo profondissimo. Però anche in questa situazione non ho preso il telefono per dirgli come mi sentivo, mi sono tenuto i miei malesseri e anche la mia soddisfazione “morale” di averlo fatto per lui e non ho pensato a come lui poteva stare veramente.
Il giorno successivo vado a lezione, ma faccio un giro diverso per i corridoi per non passare davanti all’aula dove lui segue le lezioni. Alla fine dell’ultima ora di lezione me lo trovo davanti alla porta come al solito, come se niente fosse successo tra noi, non accenna al fatto che la mattina non sono passato a salutarlo come al solito, tutto si svolge come se la domenica precedente non fosse successo niente, ma lui non sta recitando, sembra proprio che l’arrabbiatura gli sia passata. La nostra vita procede come prima, io penso intanto che non l’ho perso, e la cosa mi tranquillizza parecchio, e che lui forse ha accettato l’idea che il sesso per il momento è da mettere da parte.
Un paio di settimane dopo, mi dice che la famiglia ha una casetta in montagna dove non va mai nessuno e che ci si potrebbe andare una domenica, poi mi guarda in faccia e mi dice: “Non ti salto addosso, stai tranquillo!” Io gli dico che se ne può anche parlare. Lui vuole arrivare a farmi dire che per me va bene anche per la domenica successiva, ma io ricomincio con le esitazioni e con i discorsi stupidi e lui mi dice: “Ma perché devi rovinare sempre tutto? Ma di che hai paura? Non ti attacco malattie, non sono mai stato con nessuno, proprio mai.” Io continuo a tergiversare e lui se ne esce dalla macchina e se ne va senza salutarmi.
Io di nuovo ci sto male, ma poi alla fine, per la seconda volta, mi consolo e mi dico che comunque lo faccio per il suo bene e che devo mettere da parte le malinconie. Il giorno dopo, passo davanti alla sua aula e lo saluto come se non fosse successo nulla, lui mi guarda con un atteggiamento di sfida ma non di disinteresse. Alla fine delle lezioni lo riporto a casa come al solito e lui mi dice: “Non mi dire che non ti interessa! Lo vedo benissimo che sei tentato e pure molto! Ma di che hai paura?” Io ricomincio col discorso delle malattie, “nel senso che non vorrei nemmeno io attaccargliene, io a lui”. Lui mi guarda e dice: “Mi hai detto che non sei mai stato con nessuno, allora non è vero…” Gli ho giurato che era vero e lui mi ha detto, ma se facciamo prima il test tutti e due, tu dopo non hai più scuse, ok?” Io gli ho risposto: “Beh…” e lui stava per perdere la pazienza un’altra volta, poi si è trattenuto e mi ha detto: “Intanto facciamo il test! Ok?” Io gli ho risposto facendo un cenno di sì con la testa, lui mi ha detto: “Va bene, ci penso io…” Io credevo che fosse un modo di dire e ho fatto di nuovo cenno di sì con la testa. Allora lui mi ha guardato dritto negli occhi e mi ha detto: “Però non mi dare buca!” e io gli ho detto solo: “Ok!”.
Pensavo che il discorso fosse molto vago e che se ne sarebbe parlato in un futuro indefinito, e invece, non ho fatto a tempo a rientrare a casa che mi è arrivato un sms in cui mi diceva che dovevo passare a prenderlo l’indomani sotto casa sua alle 6.45, per andare insieme a fare il prelievo, perché aveva preso l’appuntamento per le 7.15, in un laboratorio vicino all’università. Io gli ho risposto “Ok”.
L’indomani ci siamo visti e siamo andati a fare il prelievo, poi la giornata ha seguito il solito corso. Non avevamo la minima ansia per il test, né lui né io. Quando l’ho riaccompagnato a casa mi ha detto: “Venerdì pomeriggio andiamo insieme a ritirarlo…” e così abbiamo fatto. I risultati erano evidentemente entrambi negativi, cosa che era praticamente scontata, non avevamo malattie sessualmente trasmissibili, ma così cadeva anche la mia scusa per dirgli di no. Mi propone di andare in montagna la domenica e io mi sento un po’ forzato e un po’ tentato e alla fine gli dico di sì.
La domenica mattina passo a prenderlo, dopo circa un’ora di macchina arriviamo alla sua casetta, un posto sperso in mezzo alle montagne. Secondo il programma concordato saremmo rientrati la sera. Io non avrei accettato di passare lì la notte per evitare di dormire con lui, so che sembra patologico, ma allora per me le cose funzionavano così. Una volta a destinazione, io volevo andare in giro per non trovarmi solo in casa con lui, non che stare con lui mi dispiacesse, anzi! Ma non sapevo che cosa mi sarei potuto aspettare e mi sentivo ancora troppo condizionato. Siamo andati in giro fino all’ora di pranzo e gli ho proposto di andare a mangiare da qualche parte, sempre per non stare a casa con lui, ma mi ha detto che si era portato il pranzo da casa e che la borsa con le provviste stava nel portabagagli, e io ho dovuto accettare di andare a casa con lui. Era inverno e faceva un freddo cane, abbiamo acceso la stufa ma il freddo si sentiva fortissimo. Abbiamo scaldato le cose cucinate e abbiamo mangiato, poi è finito quel po’ di sole che c’era e si gelava, il freddo era proprio fortissimo. Lui se ne è andato nella stanza da letto dove c’era un letto largo da una piazza e mezzo, ha tirato fuori dall’armadio una grande trapunta matrimoniale di piuma, alta come un materassino e anche una grande coperta matrimoniale di lana, ha steso la coperta di lana sul letto e la trapunta sopra, si è tolto le scarpe e si è steso sul letto, vestito com’era, e si è coperto con la trapunta, poi mi ha guardato e mi ha detto: “Che fai? Vieni, che ti muori di freddo… io non ti tocco, almeno stiamo al caldo…” Io gli ho detto: “Promesso?” e lui mi ha detto. “Promesso!” Mi sono tolto le scarpe e mi sono sdraiato sotto la trapunta accanto a lui. Effettivamente si stava bene, ma io mi tenevo a distanza da lui. Lui mi dice: “Ma avvicinati, così ci scaldiamo meglio! Siamo pure vestiti, ma di che hai paura?” Allora io mi avvicino un po’, sento il suo calore, lui si gira verso di me e mi guarda con i suoi occhi bellissimi e mi dice: “Sono contento che non sei scappato!” E io gli dico solo: “Zitto!”
Poi mi prende la mano e la stringe, la sua è caldissima, e mi dice: “Hai le mani gelate, sei freddissimo, fammi accostare che ti scaldo un po’…” Così si è creato il nostro primo contatto fisico, ho sentito il suo calore, si è appoggiato a me. Ogni tanto mi chiedeva: “Ti dà fastidio?” E io gli dicevo: “No…”. A un certo punto si è addormentato. Era pomeriggio avanzato e fuori era buio, ma la luce era accesa e io lo vedevo da vicinissimo, era sereno, si fidava totalmente di me. Io l’ho lasciato dormire, poi verso le sette l’ho dovuto svegliare perché dovevamo tornare in città. Si è stiracchiato come un gatto, poi mi ha detto: “Qui si sta bene e fuori fa un freddo cane… e se ce ne andiamo domattina? Se partiamo alle 6.30 ce la facciamo benissimo ad essere all’università in orario…” Io gli ho detto: “Ok, però devo avvisare a casa.” Lui ha detto: “Pure io.” Abbiamo chiamato senza alzarci dal letto, poi mi ha detto: “E per la cena che facciamo?” io gli ho risposto: “Ne facciamo a meno, restiamo qua che si sta bene.” Poi lui ha cominciato ad accarezzarmi la faccia e mi ha detto che si sentiva la barba, poi mi ha passato la mano tra i capelli e mi ha infilato le dita nel colletto, io un po’ l’ho lasciato fare, poi ho pensato che si potesse spingere oltre e gli ho ricordato che mi aveva promesso che non ci avrebbe provato e lui mi ha detto: “Ok, però non ho promesso che non ci avresti provato tu, a me piace tanto essere accarezzato, ti fermi quando vuoi tu, ok?” E io ho detto: “Ok!” Stavamo veramente bene, al caldo, non avevamo altri pensieri per la testa. Gli ho accarezzato per un po’ il viso e i capelli, poi, a un certo punto mi ha detto: “I pantaloni sono stretti e mi danno fastidio, ti crea problemi se me li tolgo?” Io una cosa del genere più o meno me l’aspettavo e gli ho detto: “Dai, io me ne vado a dormire nell’altra stanza, nell’armadio c’è anche un altro sacco a pelo…” Facendo una vocetta un po’ delusa mi ha risposto: “Lo so che c’è… ma mi lasceresti qui da solo?” poi ha visto la mia faccia un po’ contrariata e ha aggiunto: “Va bene, tranquillo, i pantaloni me li tengo ma non te ne andare a prendere freddo! Io vado bene almeno come stufa!” Io gli ho risposto: “Quanto sei scemo!” e lui ha detto: “Mi sa che lo scemo sei tu… ma vabbe’…” Poi si è accostato a me e mi ha detto: “Almeno posso stare un po’ così?” Io gli ho detto: “Certo!”, lui mi ha risposto: “Però se ti sto dando fastidio, dimmelo, non sei costretto a sopportarmi per forza…” Io non sapevo che cosa dire e allora non ho detto nulla ma gli ho passato un braccio sopra le spalle e lui si è stretto ancora di più a me e mi ha detto solo: “Buonanotte!”
Questa è stata la prima notte che abbiamo passato insieme. Posso dire che ero estremamente felice, sentire il suo calore mi sembrava bellissimo. Forse proprio il fatto che lui non abbia insistito per arrivare a fare sesso con me ha cominciato a spuntare le mie armi, se avesse cercato di andare oltre mi sarei sentito quasi in dovere di dirgli di no, quasi per principio, ma lui non aveva insistito e non se ne era nemmeno andato sbattendo la porta. Durante quella notte ho dormito pochissimo. Lui era addormentato accanto a me e mi faceva una tenerezza fortissima ed era una tenerezza sessuale, io potevo cercare di negarlo, di sublimare, di fare finta che non fosse così, ma era così, e cominciavo a rendermene conto. Mi chiedevo: “Ma perché devo resistere a questo ragazzo? Ma che ci sarebbe di male se tra noi ci fosse anche un po’ di sesso? Perché dovrei pensare che è meglio dirgli di no per il suo stesso bene? Il suo bene lo deve valutare lui. Se a lui sta bene e sta bene anche a me, dove sta il problema? E poi, il fatto di stare insieme nello stesso letto era una cosa tenera, il nostro era un volerci bene, piano piano cominciavo ad accettare l’idea, ma mi dicevo che bisognava procedere con calma, per tappe successive, senza correre troppo.
L’indomani la sveglia ha suonato alle sei in punto, intorno era notte fonda, uscire da sotto l’imbottita è stato veramente un trauma. Lui mi chiede: “Come sei stato stanotte?” Io gli dico: “Benissimo”, e lui mi dice: “Ci veniamo anche sabato prossimo?” e io gli faccio cenno di sì con la testa, allora lui mi fa gli occhi indiavolati e comincia a muoversi verso di me come se volesse provare un approccio sessuale, io alzo le braccia per difendermi e lui mi scarmiglia solo i capelli e mi dice ridendo: “Hai avuto paura eh!” Io gli dico: “Non sfottere!” Poi ripartiamo. Durante il viaggio riprende il discorso: “Però la prossima volta senza pantaloni…” io gli ripeto: “Non sfottere!” e lui mi dice: “Tanto tu stai nell’altra stanza!”
La settimana trascorse coi soliti ritmi: lezioni e studio, ma io cominciavo a vedere nel mio cervello quello che sarebbe potuto accadere nel weekend successivo e cominciavo pure a fare i paragoni tra quelle fantasie e i miei cosiddetti principi morali. Dopotutto i test li avevamo fatti, lui sembrava che ci volesse proprio arrivare, perché avrei dovuto continuare a dirgli di no? Non mi sembrava più una cosa ovvia il fatto che il sesso potesse lasciargli qualcosa di negativo. Combattevo con me stesso o meglio coi residui della mia educazione, però, giorno dopo giorno mi andavo convincendo che il sabato successivo avrei veramente fatto un passo decisivo. Il sabato arrivò, ricordo che la mattina feci una doccia più accurata del solito, segno che consideravo almeno come probabile il fatto che tra noi sarebbe successa qualcosa proprio a livello fisico. Andai a prenderlo a casa sua e partimmo. Era una tipica giornata gelida d’inverno, io avevo le catene in macchina perché, specialmente di notte la strada poteva essere ghiacciata. Quando entrò in macchina sentii una ventata di profumo più intensa del solito e pensai che anche lui potesse aver fatto una doccia molto più accurata e questo pensiero mi fece pensare a una forma di complicità non dichiarata e mi fece sorridere. Per tutto il viaggio lui non parlò di argomenti, diciamo così, pericolosi, ma certi silenzi erano troppo lunghi e non erano normali, come mio solito evitai comunque di affrontare l’argomento. Ci fermammo a fare colazione lungo la strada, tutti imbacuccati, e poi riprendemmo il viaggio. Questa volta lui aveva portato una grossa borsa piena di provviste che dovevano bastare per il pranzo e la cena del sabato e per il pranzo della domenica. Data la giornata, non sarebbe servito nemmeno il frigorifero, gli accordi erano che saremmo rientrati la domenica pomeriggio per evitare il rischio delle strade ghiacciate.
Una volta a destinazione pensavamo di andare a fare una passeggiata in paese, ma faceva così freddo e tirava un vento così forte che un’idea simile ci sembrò del tutto assurda. Sistemammo le provviste, ma ci volle poco, poi cominciammo a sentirci congelati. Era ancora presto, non erano nemmeno le dieci del mattino. Accendemmo il riscaldamento. La casa era una tipica casetta di montagna, di quelle col soffitto basso per non disperdere il calore, ma faceva comunque un freddo cane. Lui mi disse: “Mi sa che io vado a mettermi a letto, se no mi congelo.” Tirò fuori dall’armadio La coperta e l’imbottita, come la volta precedente. Una volta sistemato il letto, mi disse: “Senza pantaloni?” Io lo guardai con due occhi di fuoco e lui mi rispose: “Va bene, va bene! Coi pantaloni!” Qui io mi sentii spiazzato, avrei voluto che lui insistesse e io avrei ceduto, ma lui scelse la via morbida ed evitò di insistere e io ci rimasi proprio male e cercai di rimediare aggiungendo: “Stasera senza…” Mi guardò con tanto d’occhi e fece una faccia furbetta e disse solo “Wow! … almeno stiamo più comodi…” Io lo guardai e gli dissi: “Non mi prendere in giro!” Lui disse solo: “Beh, intanto vieni a letto adesso…” Ci mettemmo a letto coi pantaloni ma ormai le remore della prima volta non c’erano più, lui si accostò stretto a me e mi abbracciò e rimanemmo così per tutto il tempo che ci volle per riprendere calore, ormai il tenerci per mano e l’accarezzarci era una cosa automatica e scontata. Notavo però che le carezze, sia le sue che le mie, anche se erano insistenti, si tenevano alla larga dalla zona, diciamo così, più pericolosa. Nessuno di noi due voleva fare passi falsi. Questa volta non provavo scrupoli di nessun genere, mi comportavo in modo molto più spontaneo del solito anche se non proprio spontaneo al 100%, per me era una sensazione stranissima, stavo con un altro ragazzo e potevo comportarmi in modo spontaneo o quasi, e lui mi corrispondeva, mi capiva, provava le stesse cose che provavo io, non lo sentivo come un individuo diverso da temere e dal quale tenersi comunque a una certa distanza, non mi sentivo aggredito da lui, stavo cominciando a vedere la sessualità in un altro modo, cioè come complicità, come gioco di coppia ed era una cosa che mi piaceva molto.
Siamo rimasti a coccolarci al caldo per un paio d’ore e mi sentivo veramente felice. Poi è venuto il momento di alzarsi per preparare il pranzo. È stato letteralmente un momento da brivido. Prima mi sono messo seduto nel letto, diciamo così, per raffreddare i bollenti spiriti, perché ero in erezione e non mi andava di farmi vedere così, l’aria gelida ha effettivamente prodotto i suoi effetti in pochissimo tempo e allora sono uscito dall’imbottita e mi sono rimesso la giacca a vento, perché faceva un freddo terribile anche dentro casa, lui invece ha aspettato un po’ ad alzarsi e non gli ho chiesto perché, anche se potevo immaginarlo. Sono andato in cucina e ho messo il pranzo nel microonde. Nel frattempo lui si è alzato e mi ha raggiunto in cucina e ha messo a fare una pentola intera di tè bollente. Dopo pochi minuti il pranzo era ormai scaldato e abbiamo mangiato tutto in 10 minuti. Avevamo i piatti di carta, quindi non c’erano nemmeno i piatti da lavare. E poi per lavare i piatti sarebbe stato necessario aspettare gli effetti del riscaldamento perché nei tubi l’acqua non scorreva perché era ghiacciata. Fuori ha cominciato a nevicare fitto. Lui mi ha detto: “Speriamo che smetta presto, se no la strada si ghiaccia e non possiamo più rientrare. Comunque qui c’è tutto quello che serve per la sopravvivenza per parecchi giorni… Se stanotte nevica molto e domani c’è sole bisogna spalare la neve almeno fino alla macchina e dalla macchina alla strada. La macchina ha l’antigelo, quindi dovrebbe ripartire comunque, ma bisognerà mettere le catene almeno fino a valle.” Gli chiedo: “Qui c’è la tv?”, mi dice di no, gli chiedo se c’è internet e mi dice che c’è, io gli dico: “Che facciamo?” e lui mi risponde: “Ce ne torniamo al letto, … senza i pan… “. Non gli permetto di finire la frase e lo guardo con occhi di fuoco, ma più per gioco che per altro e lui risponde: “Ma i pantaloni danno fastidio… è solo per quello … insomma… e poi guarda non ti salto addosso, puoi stare quasi sicuro… “. Gli dico: “Come sarebbe a dire quasi?” e lui mi risponde: “Vabbe’, il primo passo lo faccio fare a te … comunque tu hai promesso che stasera si va a dormire senza, te lo ricordi?” Io ho risposto con un mugolio: “Mh… “ Lui ha insistito: “Come hai detto? Non ho capito… “ e io gli ho strillato: “Sì, però stasera… “ Lui non ha mollato la presa e ha continuato: “Ma adesso è già sera … e poi ci vogliamo alzare un’altra volta per mangiare? Naaa! Una volta al giorno basta!” Io ero molto tentato e gli ho detto: “La prima mossa falla tu…” Lui ha risposto: “Wow! Allora procedo…” Si è sfilato i pantaloni restando sotto l’imbottita e li ha lanciati sulla sedia, poi ha detto: “Ah… almeno sto comodo!” Io non mi decidevo a fare la mia parte e mi aspettavo che lui mi incitasse a farla, ma non lo fece e si limitò a dire: “Così sto molto meglio … se te li togli pure tu non ti salto addosso, staresti più comodo, poi se hai paura, fai come vuoi…” A questo punto gli ho fatto un discorso strano e gli ho detto: “Tu mi ripeti sempre che non mi salti addosso, mannaggia, mi sa che ti sembro proprio imbranato…” Lui mi ha risposto: “Imbranato no, ma frenato sì…” Allora anche io mi sono tolto i pantaloni e li ho lanciati sulla sedia, effettivamente mi sentivo molto meglio così. Mi ha chiesto se mi sentivo in qualche modo costretto a fare cose che non volevo e gli ho risposto convintamente di no. Lui aveva due anni meno di me ed era molto meno imbranato di me. Poi mi ha chiesto: “Mi posso appoggiare a te?” E gli ho detto di sì. Ci siamo abbracciati e il contatto fisico è stato fortissimo, ci siamo tenuti stretti per alcuni minuti, poi mi ha stretto la mano e ha intrecciato le sue dita con le mie e mi ha detto: “Veramente è stato bellissimo!” e io gli ho risposto: “Sì, una cosa fortissima che non avevo mai provato”.
La notte non abbiamo dormito ed è stata per noi la prima volta, molto timida e prudente ma molto coinvolgente e molto vera. Una volta finito con il sesso io ero veramente contento però mi sono accorto che lui era molto malinconico. Non sapevo che fare. Gli ho chiesto come si sentiva e mi ha detto che non lo sapeva, che era stato bene ma aveva tanti pensieri per la testa, una grande confusione dove c’è di tutto, dalla felicità alla tristezza. Aveva le lacrime agli occhi. Gli ho chiesto: “Ma c’è qualcosa che non va? Ho fatto qualcosa di sbagliato?” Mi ha guardato e mi ha detto: “Non parlare, abbracciami e basta…” Io l’ho abbracciato e l’ho tenuto stretto, ma era chiuso nella sua malinconia. Poi mi ha detto: “Ti sei sentito costretto in qualche modo?” Gli ho risposto: “Ma quando mai…” e l’ho stretto più forte, poi si è addormentato tra le mie braccia.
La nostra storia è cominciata così tanti anni fa. Negli anni successivi le cose si sono complicate per ragioni esterne, tra noi non ci sono mai state vere incomprensioni. Lui mi ha fatto sentire amato, importante, mi ha considerato un elemento determinante nella sua vita, come d’altra parte lui lo è stato nella mia. Ne sono innamorato oggi più di allora perché è un uomo eccezionale che si spende per gli altri, che non è mai andato appresso al denaro, che è profondamente altruista ed è esattamente l’opposto di un arrivista. Ha ottenuto grandi successi nel lavoro perché lavora moltissimo ma purtroppo è anche molto stressato, io sono stato spesso la sua valvola di sfogo, cosa che mi onora e mi riempie di felicità, da qualche anno però lui lavora all’estero. Io trascorro con lui le mie ferie, ma poi nel resto dell’anno possiamo sentirci solo in chat e per un tempo limitato, perché ha mille impegni. È un uomo profondamente buono, con me ha avuto una delicatezza e un rispetto unici, mi ha voluto bene e me lo ha dimostrato in mille modi. Quando ho qualche dubbio su una scelta, mi chiedo come si comporterebbe lui nella stessa situazione e cerco di fare quello che farebbe lui. Adesso è ancora bello, ma non siamo più ragazzi e chiaramente a livello fisico sia lui che io, non siamo più quelli di vent’anni fa, ma lo stimo come uomo, ho scoperto tanti aspetti della sua personalità che mi hanno affascinato. Non è mai aggressivo, è calmo, è molto dolce e paziente, mi incoraggia, mi sostiene e mi permette di fare lo stesso con lui, qualche volta mi tira un po’ le orecchie e mi dice che dovrei essere più aperto a capire i problemi degli altri, ma non si riferisce ai suoi problemi ma ai problemi di quelli che non la pensano come noi. C’è un solo punto che mi preoccupa veramente ed è il fatto che è stressatissimo dal lavoro, certe volte, quando la sera ci sentiamo in chat, e io parlerei con lui per ore, siamo comunque costretti a limitare i tempi e molte volte gli dico solo che gli voglio bene e lui mi risponde “Anche io! Se non ci fossi tu io non sarei nessuno!” Questa frase, anche se non è vera, mi fa sentire orgoglioso. Io spero che la nostra vita proceda così ancora per tanti anni!!

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