COPPIE GAY E INNAMORAMENTI UNILATERALI

Coppie gay, difficoltà, prospettive, significato della vita di coppia dei gay
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COPPIE GAY E INNAMORAMENTI UNILATERALI

Messaggio da progettogayforum » mercoledì 20 dicembre 2023, 12:33

In questi giorni mi è capitato spesso di parlare con ragazzi totalmente proiettati in storie che, viste dal di fuori, avevano tutta l’apparenza di “storie totalmente unilaterali”.

Se è vero che all’inizio di una storia è assolutamente imprevedibile il suo possibile sviluppo anche a distanza di una sola settimana, è certamente evidente che le proiezioni a distanze di tempo dell’ordine dei mesi o degli anni rischiano di essere totalmente smentite dai fatti. Questo può voler dire, paradossalmente, che anche una storia totalmente unilaterale, al limite, potrebbe evolversi in una vera storia di coppia, ma si tratta di eventualità rare. L’esperienza insegna che per realizzare una vera vita di coppia bisogna essere realmente in due. Immaginare unilateralmente di essere in due perché ci si sente profondamente coinvolti dando per scontato che il nostro ipotetico partner non possa che reagire come noi nelle medesime circostanze, significa proiettare in modo improprio sul partner un’esperienza strettamente individuale ma in questo modo il rischio di confondere il possibile con il desiderato è molto grande e le delusioni diventano molto più probabili e cocenti.

Il requisito della reciprocità, cioè della vera reciprocità e non di quella semplicemente supposta, è essenziale perché possa avviarsi un percorso capace di portare alla costituzione di una vera coppia. Coppia vuol dire condivisione e la vera condivisione è decisamente rara. È difficilissimo, direi praticamente impossibile, capire se tra due persone c’è o ci può essere una vera condivisione di vita, ed è difficile soprattutto all’inizio di una relazione, quando gli entusiasmi dell’incontro dominano ancora la scena e si costruisce solo su proiezioni più o meno fantastiche basate su pochissimi elementi perché mancano ancora quegli elementi di conoscenza reciproca che possono consentire una valutazione realistica del rapporto. L’esistenza di una vera condivisione di vita non può essere presupposta, nemmeno quando c’è una convivenza di lungo periodo, ma va verificata nei fatti, nei comportamenti, nel quotidiano e anche in eventi particolarmente stressanti.

La reciprocità degli entusiasmi iniziali non è un indice di condivisione, perché due ragazzi possono essere interessati a costruire una relazione per motivi molto diversi e talvolta del tutto incompatibili. All’inizio di una relazione le proiezioni si incrociano e ciascuno vede, o meglio proietta nell’altro, quello che vuole vedere e si creano delle illusioni incrociate che sembrano indicare un rapporto saldo, ma poggiano soltanto, da entrambe le parti, su proiezioni strettamente unilaterali. In buona sostanza ci può essere facilmente l’illusione che esistano i presupposti di un rapporto stabile proprio perché manca la conoscenza reciproca che richiede inevitabilmente tempi non brevissimi. Gli innamoramenti a prima vista sono molto spesso unilaterali, anche se se ne prende coscienza soltanto col passare del tempo.

Ci sono elementi sintomatici del disinteresse che sono sistematicamente trascurati dal partner che si sente fortemente coinvolto, parlo del fatto che l’altro partner non chiama al telefono, risponde educatamente, ma non chiama per primo, oppure del fatto che non risponde in fretta alle mail o agli sms, che si dimentica degli appuntamenti che ha dato al partner più interessato, che dimentica quello che il partner più interessato gli ha detto, che usa un linguaggio di registro diverso, cioè non risponde ad un’allusione sessuale con un'altra allusione sessuale o non usa il linguaggio tipico delle coccole quando il partner più interessato usa il linguaggio delle coccole. Segnali ancora più significativi sono il troncare il discorso a metà, l’interrompere bruscamente la telefonata, il cambiare discorso, l’evitare i toni troppo personali, il mettere i puntini sulle i a tutti i discorsi del partner o addirittura il dimostrare aggressività verbale nei confronti del partner più coinvolto.

La presenza di questi sintomi di disinteresse, anche se inseriti in un contesto complessivamente gradevole, dovrebbe fare scattare il campanello di allarme del partner più coinvolto e dovrebbe metterlo sull’avviso di un possibile coinvolgimento unicamente unilaterale. Come detto in premessa, tutto può accadere anche nell’ambito di una pseudo-relazione, nata sulla base di proiezioni unilaterali alle quali c’è stato uno pseudo-riscontro fatto di buona educazione di discorsi evasivi, ma l’esperienza insegna che è alta la probabilità che queste relazioni siano destinate a naufragare malamente in tempi brevi, quando la conoscenza reciproca sarà arrivata a un punto tale da consentire una valutazione più oggettiva del rapporto.

Va sottolineato che, per il partner meno interessato, è spesso molto difficile, se non impossibile, mandare segnali oggettivamente chiari ed inequivocabili di disinteresse, perché questo creerebbe disappunto nel partner più interessato. È proprio per questa ragione che spesso certe relazioni partono e vanno avanti per mesi e anche anni, pure in assenza dei requisiti minimi di reciprocità. La chiarezza nelle relazioni affettive è un fatto raro e la deriva quasi automatica verso il linguaggio amoroso, anche nella totale assenza di presupposti, non fa che complicare ulteriormente la situazione e alimentare false illusioni. Credo sia capitato più o meno a tutti di trovarsi coinvolti il relazioni non realmente volute e di aver sperimentato quanto una simile situazione sia imbarazzante e difficile da gestire. Il miglior modo per evitare penose uscite da pseudo-relazioni prive di reciprocità consiste nel non farsi coinvolgere fin dall’inizio, nel non cedere all’idea che se ora qualcosa non va, certamente le cose potranno aggiustarsi nel futuro. Questi ragionamenti possono essere accettabili in casi particolari in cui la relazione manca di elementi accessori, anche importanti ma non comunque essenziali. Si può sperare in una futura condizione di convivenza che non si è ancora realizzata o in una futura condizione lavorativa, ma è molto rischioso imbarcarsi in una relazione che manca del requisito essenziale della reciprocità.

Accade spesso che il partner veramente coinvolto, una volta che sia diventato consapevole della mancanza di reciprocità nel rapporto, ne incolpi l’altro partner, che potrebbe anche non essersi reso veramente conto delle attese del suo compagno e delle conseguenti delusioni. Le disillusioni, in queste situazioni non sono il risultato di un inganno subito dal partner più coinvolto, ma di un vero autoinganno nel quale si finisce per credere per dare alimento alla propria fantasia. Innamorarsi è spesso un fatto unilaterale, creare una relazione di coppia è una cosa veramente diversa, che richiede interesse, impegno e collaborazione da entrambe le parti. Si tende spesso a ritenere che sia l’innamoramento individuale a creare il coinvolgimento, trascurando il fatto che nelle relazioni di coppia il coinvolgimento è reciproco e che l’assenza di reciprocità non può essere superata in alcun modo.

Chi si trova in una situazione di innamoramento unilaterale farebbe bene a non chiudersi in se stesso, nell’attesa di un improbabile cenno di riscontro dalla controparte. L’isolamento nel mondo dei sogni è il preludio ad un risveglio traumatico. Covare unilateralmente le proprie fantasie aspettando che diventino realtà pone le premesse per le più cocenti delusioni. Faccio alcuni esempi concreti: chi pensa, o meglio chi si forza a pensare che l’assenza di chiamate da parte del presunto partner sia dovuta soltanto al fatto che è molto impegnato si sta auto-ingannando, chi pensa che la mancanza di partecipazione del presunto partner derivi dalla sua presunta timidezza o da impedimenti esterni di tipo familiare o sociale, sta cercando di convincersi che tutto va bene, anche quando i fatti indicano il contrario.

Gli innamoramenti unilaterali possono creare vere e proprie forme di dipendenza nelle quali l’auto-inganno è consapevole ed è coltivato come un valore, come una forma di amore e di dedizione incondizionata che innalza il partner più coinvolto al di sopra del comune livello del genere umano. Si tratta in realtà di una ben magra consolazione che tende a conservare almeno l’immagine di un ipotetico rapporto che nella realtà non è mai esistito. Si tratta di un vero e proprio delirio consapevole che può durare tutta la vita.

La reciprocità è il presupposto fondamentale di qualsiasi rapporto di coppia. Non è detto però che la reciprocità debba essere totale, può benissimo essere limitata solo ad alcuni ambiti. Non tutte le coppie sono finalizzate alla realizzazione di rapporti sessuali, anche le relazioni di amicizia, se sono profonde, sono di fatto relazioni di coppia, sono relazioni di coppia che coinvolgono solo alcuni elementi della personalità dei partner ma hanno una loro stabilità che deriva, anche in questo caso, dalla reciprocità. Si è amici in due se c’è reciprocità, altrimenti non si è amici. Le cosiddette amicizie di gruppo, le amicizie tra compagni di scuola o tra colleghi di lavoro non sono amicizie ma solo relazioni sociali in cui il coinvolgimento affettivo è realmente minimo, se non del tutto nullo, e prevalgono altri interessi, di lavoro, culturali o anche economici.

Una relazione “parziale” ossia limitata ad alcuni specifici ambiti, può essere una relazione serissima e destinata a durare nel tempo. Questo tipo di relazioni sono in genere considerate di serie B, rispetto alla classica relazione di coppia totalizzante, che cioè coinvolge tutti gli aspetti della vita, questo deriva dal fatto che i miti sono sempre più affascinanti della realtà e finiscono per condizionarla in modo potente. Avere in mente un concetto classico di coppia significa cercare di realizzarlo nella pratica, dando per scontato a priori che sia sempre la migliore soluzione e trascurando la domanda fondamentale ossia trascurando il fatto che quel mito sia o non sia concretizzabile. In nome del mito della coppia totalizzante si gettano via delle relazioni parziali serissime e veramente reciproche che potrebbero portare a gratificazioni profonde. Queste gratificazioni sono sistematicamente sminuite dal confronto con “l’idea astratta di coppia” che è sempre migliore della realtà proprio perché non è reale.

Non è facile accettare il valore del relativo, cioè non è facile capire che la realtà conta più della fantasia e che una condivisione vera, anche se parziale, è preferibile ad una relazione totalmente o quasi totalmente proiettiva e sostanzialmente unilaterale. Aggiungo che una relazione parziale non ha in genere la pretesa di essere incompatibile con qualsiasi altra relazione, proprio perché non pretende di monopolizzare tutto lo spazio affettivo di una persona. Più relazioni parziali sono compatibili tra loro. Un’idea di questo genere va contro un classico dogma della vita di coppia, ereditato dal concetto di matrimonio, ossia va contro l’idea della esaustività del rapporto di coppia, inteso come ricongiungimento di un individuo con il suo complemento perfetto al fine di ricostituire quella unità platonica che rappresenta la perfezione. Il mito della coppia perfetta è tipico delle favole ed è bene tenersene a rispettosa distanza, perché il tentativo di incarnare un mito induce ad assumere vincoli molto stretti dai quali sarà poi molto difficile liberarsi. Il matrimonio, che è un’assunzione di vincoli rigidi, è proprio il tentativo, spesso forzato, di conformare la realtà ad un modello astratto, con tutte le conseguenze che derivano immancabilmente da una scelta del genere.

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