SESSO GAY E MALINCONIE ESISTENZIALI

Approccio dei ragazzi gay verso la sessualità
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SESSO GAY E MALINCONIE ESISTENZIALI

Messaggio da progettogayforum » mercoledì 3 aprile 2024, 10:06

Ciao Project,
dopo avere letto tante pagine di Progetto Gay ho deciso di scriverti per chiederti un consiglio. Ho 37 anni e il mio compagno ne ha 35, gli voglio bene e anche lui, a modo suo, mi vuole bene, il problema non è nel nostro rapporto che ha un senso sia per lui che per me, il problema sta nel fatto che certe volte lo sento depresso, non dalla nostra relazione, depresso dalla vita, anche se, almeno in astratto, non sembrerebbe avere ragioni per essere depresso. Lui ha finito brillantemente gli studi, ha un lavoro di buon livello, in teoria sembrerebbe avere tutte le carte in regola per sentirsi realizzato e invece non succede affatto così.

Noi non conviviamo, in pratica non si è mai parlato di una possibile convivenza perché lui ha bisogno di una totale indipendenza e anche io preferisco che non si crei una convivenza che forse comporterebbe più conflitti che altro, dico forse perché è da un po’ che comincio a pensare che invece potrebbe funzionare benissimo e potrebbe essere fondamentale sia per lui che per me, però lui non ne accenna nemmeno. Tra noi non ci sono segreti, ma dobbiamo essere entrambi liberi e tutto sommato lo siamo e, a quello che vedo, anche dopo anni, il nostro rapporto non è mai andato in crisi.

Non siamo una coppia nel senso standard del termine, tra noi non c’è nessun patto di fedeltà che, d’altra parte, non sarebbe nemmeno possibile. Ci vogliamo bene, tra noi c’è sesso ma non c’è niente di stabilito, non c’è alcuna legittima aspettativa, ci si vede se e solo se e quando la cosa sta bene ad entrambi. Con lui il dialogo non ha bisogno di molte parole, dice quello che pensa in modo estremamente onesto e diretto, quando ha il morale a terra si capisce in modo chiarissimo, tende a demoralizzarsi, a sottovalutarsi, a considerarsi un caso non recuperabile, considera strani e quasi patologici alcuni suoi comportamenti che a me non sembrano né strani né patologici, si stupisce che io gli riconosca una dignità morale alta, che oggettivamente ha, ma che lui tende a non vedere o a sottovalutare.

Non parla volentieri di cose che riguardano l’affettività, le considera cose strane, quasi manifestazioni di falsi buoni sentimenti, pensa di essere dipendente dal sesso, ma al di là di una sessualità ancora esuberante e di qualche avventura, cose che nel corso degli anni sono quasi ovvie, non è mai andato. Certe volte, ma non sempre, vive male il sesso perché lo ritualizza un po’, ma solo un po’, ma anche qui non ho mai trovato niente di estremo o di patologico, penso però che il sesso vissuto o meglio percepito in questo modo finisca per metterlo in crisi, perché è come se si sentisse quasi spinto da una compulsione verso il sesso in sé, senza alcuna implicazione affettiva. Ma, lo ripeto, sono tutte sensazioni sue soggettive, dall’esterno non si ha affatto un’impressione del genere, anzi a me sembra che almeno nel sesso, e con ogni probabilità anche al di là del sesso, la dimensione affettiva ci sia eccome.

Francamente, quando facciamo sesso, io con lui sto bene e al massimo mi sento un po’ condizionato dal fatto che sono io che posso non gratificarlo, ma lui mi dice che il senso di insoddisfazione non è dovuto a me ma al fatto che il sesso per lui non è, o meglio a lui non sembra veramente il risultato di una scelta libera ma di una compulsione. Cioè in pratica pensa che non sia una scelta affettiva, una scelta d’amore, ma una forma di dipendenza dal sesso in quanto tale, quasi come se i partner fossero in fondo un elemento secondario, ma, lo sottolineo per l’ennesima volta, a me non sembra affatto che sia così, può forse essere stato così con qualcuno che magari ha incontrato solo per fini tecnicamente sessuali, però anche questo mi sembra poco compatibile con tutta la sua personalità.

Capita che dopo i nostri incontri sessuali lui non sia sereno, quasi che si penta di aver avuto un contatto sessuale e che abbia voglia di andarsene via subito evitando di parlarne, ma altre volte si trattiene anche dopo, e il dialogo è straordinariamente profondo e autentico. In quei momenti il dialogo è intensissimo e si vede che per lui sono momenti fondamentali, ma non per il sesso che abbiamo fatto quanto per il fatto di poter parlare del disagio che prova legato al sesso. Non mi è mai capitato di parlare in quel modo con nessun altro: parole poche, anche pochissime, ma molto meditate e di enorme valore. Noto poi un’altra cosa: da me non si difende. In altri tempi reagiva in modo verbalmente aggressivo, non accettava di essere contraddetto, adesso qualche volta mi ascolta almeno per un po’, altre volte taglia corto e se ne va, magari dicendomi di accompagnarlo fino alla macchina o di andare prima a prendere un caffè insieme al bar per evidenziare che non c’è stata nessuna rottura insanabile.

Per quanto riguarda il nostro rapporto lui sa bene che non andrà in crisi e che sarà comunque un punto fermo. Pensa che io tenda a normalizzare, cioè a fare apparire normali cose che non lo sono affatto proprio per diminuire la sua sensazione di disagio, ma le cose che a lui sembrano al limite del patologico, secondo me, non hanno veramente niente di patologico, io non tendo a minimizzare per farlo stare contento, non cerco istintivamente di tranquillizzarlo, come pensa lui, al limite, distorcendo la realtà, ma provo un senso vero di tenerezza verso di lui, me ne sento innamorato, assolutamente non condizionato.

Io ho conosciuto ragazzi che non capivano la centesima parte di quello che capisce lui e che si sentivano Dio, lui invece, che onestamente mi sembra uno di livello morale molto alto, usa espressioni del tipo: “Mi sento uno schifo!” e lo dice dopo un pomeriggio di sesso per il quale lui stesso ha preso l’iniziativa. Non è arrabbiato con me ma è scontento di se stesso, perché ha l’impressione non di avere vissuto un momento d’amore ma di avere semplicemente ceduto a una compulsione e pensa di avermi quasi imposto un rapporto che lui, magari, dal suo punto di vista, vede come sesso senza amore e si sente un prevaricatore per questo. È come se avesse una specie di vocazione ad interpretare tutti i suoi comportamenti nella chiave più squallida possibile, ma io sono convinto che questi ragionamenti siano lontanissimi dalla realtà, intanto perché un prevaricatore non va in crisi perché si sente un prevaricatore, anzi ne gode, e in secondo luogo perché lui parla delle sue debolezze e dei suoi complessi in modo assolutamente onesto e trasparente e si vede che ne è turbato profondamente, anche se, io penso, anche immotivatamente.

A livello sociale è benvoluto, stimato, considerato un uomo di valore, è gentile, premuroso non solo verso le persone ma anche verso gli animali, ha un cane e un gatto che lui ha cresciuto insieme da quando erano cuccioli piccolissimi e vanno perfettamente d’accordo. Nel telefonino ha decine di foto dei suoi cuccioli a varie età e in atteggiamenti tenerissimi, non c’è bisogno di dire che i suoi cuccioli lo adorano. Queste cose non sono certo i modi di fare di un prevaricatore. Se può fare una cortesia a qualcuno la fa e non se lo fa dire due volte, è affabile, cordiale, insomma a vederlo nella vita sociale è un tipo solare, ma qualche volta in privato si lascia andare a sentimenti depressivi e penso che accada soltanto quando parla con me e pure in poche occasioni. Io lo ascolto per cercare di capire se c’è una strada per andare oltre queste sensazioni depressive, ma non devo dirgli di lui cose troppo positive, altrimenti il discorso finisce perché lui pensa che io stia cercando di consolarlo raccontandogli cose sostanzialmente non vere, e se ne va.

Si sente un prevaricatore, uno che gioca con le vite degli altri, che li manovra ma di loro in fondo se ne infischia perché pensa solo al sesso. Non capisco proprio da che cosa possa derivare un’idea simile, non so come si sia comportato con altre persone, io personalmente non mi sono mai sentito usato o strumentalizzato da lui, anzi le più belle gratificazioni che ho avuto nella vita le ho avute da lui, non ho mai vissuto la sua presenza come una costrizione, se mai come una cosa estremamente positiva, molto al di là delle mie aspettative. Comunque, nel parlare con lui, mi devo tenere soprattutto sull’ascolto riducendo le mie parole al minimo, devo ascoltarlo dire poche parole tra pause lunghissime, perché probabilmente questa è la parte più importante dei nostri incontri.

L’ho visto una volta nel suo ambiente di lavoro, sembrava un’altra persona: brillante, spigliato, autorevole, ma nel privato è tutt’altro. Probabilmente le sue avventure, che lui pensa siano dovute solo a compulsioni sessuali, derivano invece dalla necessità di essere capito è accettato come uomo, per quello che è al di là della maschera sociale, cioè di essere accettato anche nei suoi presunti difetti, che lui vede ma io non ho mai percepito come tali. Queste esigenze affettive fondamentali di ascolto e di accettazione, che io penso siano veramente centrali nella sua vita, sono uscite sostanzialmente frustrate da tutte o quasi le sue relazioni e lo hanno fatto scivolare nella malinconia esistenziale.

L’intervento nella sua vita deve essere limitato, ne sono consapevole, non devo essere invasivo, devo esserci solo se è lui a volerlo. Certe volte mi ha rimproverato, ma sarebbe meglio dire che mi ha fatto notare che nei suoi confronti non prendo mai l’iniziativa ma gioco sempre di rimessa e questo in un certo senso è vero, ma penso che se facessi il contrario, non prenderebbe bene il cambiamento di atteggiamento e tenderebbe a prendere le distanze per evitare eccessive interferenze. Il mio più grande desiderio, oggi come oggi è vederlo sereno, vederlo stare bene, con o senza di me, ma stare bene.

Non penso che il nostro rapporto finirà nel nulla perché tra noi c’è rispetto e affetto profondo, non è una mia convinzione a priori, ma un fatto di cui ricevo continue prove ogni giorno da diversi anni. Vorrei vederlo sorridere ma non succede quasi mai, tende ad essere sempre serio, quasi professionale, tende a scherzare con forme di ironia tagliente, non aggressiva ma cinica, a volte sembra tanto pessimista da essere autodistruttivo, poi ti stupisce con un gesto o con una parola inattesa che ti fa capire che lui ti ascoltava anche quando sembrava distratto e cercava di capirti per entrare in sintonia con te almeno per quanto gli era possibile. Mi ha fatto entrare nel suo mondo, mi ha dato fiducia come nessuno aveva mai fatto, so solo che gli voglio bene.

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Re: SESSO GAY E MALINCONIE ESISTENZIALI

Messaggio da progettogayforum » mercoledì 3 aprile 2024, 17:17

Chiedo preliminarmente scusa all’autore della mail di apertura per aver eliminato prima della pubblicazione i nomi e alcuni riferimenti di luogo, ma è indispensabile per il rispetto della privacy.

Che cos’è l’affettività? L’affettività non va confusa con la manifestazione esterna dell’affettività, o con le dichiarazioni o le promesse di amore o di amicizia. L’affettività si valuta dai comportamenti, non dalle parole e mi pare che il tuo compagno ti prenda molto sul serio. Lui può anche benissimo non considerala affettività ma è affettività con la A maiuscola! Non c’è affatto bisogno della convivenza, che in certi casi può essere una complicazione, al limite anche distruttiva. Gli indicatori fondamentali della presenza di un forte rapporto affettivo stanno nella fiducia reciproca, nella sincerità, nel mettersi su un piano diversissimo da quello della recita sociale. Non siete adolescenti, siete uomini adulti che hanno eccome un loro mondo affettivo comune. Da quello che scrivi si capisce chiaramente che lui fatica ad accettare esplicitamente l’idea di essere amato e di amare a sua volta, perché a questa espressione collega probabilmente delusioni e frustrazioni, però, al di là delle parole, di fatto, l’accetta, dire che tu sei il primo ad esserne convinto è una ovvietà, ma io aggiungerei che anche lui, pur evitando certe parole, si comporta con te, nei fatti, proprio come chi ne è convinto. Ma credi forse che lui potrebbe parlare dei suoi stati d’animo dopo un pomeriggio di sesso col suo partner, se quel partner non fossi tu? Io credo che un discorso come quello che fa con te non potrebbe farlo con nessun altro, per il fatto che tu gli vuoi bene veramente e, credimi, se ne rende conto certamente, e lo manifesta nei comportamenti. Lui si sente un caso patologico anche se non lo è affatto, per il solo fatto che ogni volta che ha provato a dire ad altre persone quello che pensava veramente, è stato considerato strano e al limite del patologico. È un uomo serio, intelligente, colto, ma ha bisogno di una dimensione affettiva, non di un partner in una relazione standard, ma di un compagno di vita che sia prima di tutto un amico vero. Non so se tu potrai realizzare il tuo desiderio di vederlo felice, questo potrebbe essere al di là delle tue possibilità, e forse anche delle sue, ma penso che il vostro stare insieme abbia un valore enorme sia per te che per lui, se questo non è essere coppia, non so veramente che cosa possa significare l’essere coppia. In fondo vi siete scelti, perché ciascuno di voi ha reso migliore la vita dell’altro, ed è già tantissimo. La felicità, ammesso che esista, è transitoria, l’affetto può durare una vita.

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