LEZIONI DI VECCHIAIA GAY - ESAME DI UN SOLO CASO

La vera vita dei gay anziani, Gay e problemi della terza età, Gay anziani e ricordi di vita.
Alyosha
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Re: LEZIONI DI VECCHIAIA GAY - ESAME DI UN SOLO CASO

Messaggio da Alyosha » venerdì 1 settembre 2023, 10:49

In realtà le cose che scrivi sono molto interessanti anche per me che non ho la tua età. Alcuni problemi legati alla vecchiaia derivano dal nuovo assetto sociale e dalle problematiche che crea la nemmeno recentissima parcellizzazione dell'assetto familiare. Famiglie ristrette fanno fatica a prendersi cura della prole, trovandosi entrambi i genitori impegnati nel lavoro, figuriamoci degli anziani. La tendenza è a marginalizzare l'anziano, relegarlo in una zona grigia, una specie di limbo dove se va bene può fare da nonno, se va male finisce in una struttura assistita abbandonato alle attenzioni di perfetti sconosciuti. Questo immaginando vecchiaie solide da un punto di vista di salute ed economico, l'alternativa diventa un tutore legale e strutture pubbliche per i meno abbienti. Esistono da qualche parte nipoti, che non vogliono chiaramente occuparsi degli zii, di cui probabilmente non sanno nulla. Devo dirti che la quantità di anziani letteralmente abbandonati negli ospedali in estate è impressionante. Provengono dalle varie RSA o vengono letteralmente abbandonati da quel che resta della rete parentale. E' triste, ma inevitabile.

Guardo con inquietudine alla mia vecchiaia e immagino che preservare il più a lungo possibile le condizioni minime di autonomia sia già un grosso traguardo. Ma comunque dovrò affidarmi ad una terza persona o più probabilmente ad una struttura, scelta che preferisco fare quando sono sufficientemente lucido. La condizione per la quale non si è avuta progenie è desolante. Non che avere figli sia garanzia di alcunché, anzi visto il comportamento di alcuni è forse meglio non averne.

La marginalizzazione e la ghettizzazione sono tendenze forti in società individualiste e materialistiche come la nostra. E' sempre più facile metter via le cose che ci urtano, che ci turbano, far finta di non vederle. La vita però è un fiume che scorre in una sola direzione c'è poco da fare, per cui prima o poi dobbiamo passarci tutti. Il punto d'arrivo è uguale per tutti, qualunque sia quello che dal quale abbiamo cominciato o il tragitto che abbiamo percorso.

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Re: LEZIONI DI VECCHIAIA GAY - ESAME DI UN SOLO CASO

Messaggio da progettogayforum » martedì 19 settembre 2023, 12:03

Alyosha, non sai quante volte penso alle cose che hai scritto. Vedo gli anziani che cercano in ogni modo di essere utili e disponibili ma sanno, anche se evitano per quanto possibile di pensarci, che piano piano perderanno la loro autonomia e finiranno per essere gestiti da altri. Dico anche a me stesso che dovrò fare di tutto per cercare di andare avanti da solo finché è possibile, perché dopo ci sarà solo sopravvivenza. Non ho figli, non ho un compagno, ho un po’ di buoni amici, ma ognuno deve seguire la sua strada e la vecchiaia fa paura perché alla fine vecchiaia vuol dire perdita sempre più spinta dell’autonomia, e per uno che è abituato a vivere da solo, questa prospettiva è deprimente perché è inevitabile e a poco giova sapere che anche chi ha figli finisce spesso dimenticato in qualche RSA.

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Re: LEZIONI DI VECCHIAIA GAY - ESAME DI UN SOLO CASO

Messaggio da progettogayforum » domenica 19 novembre 2023, 9:59

Mi sono capitati tra le mani dei miei vecchi diari, uno, scritto a mano, riguardante gli anni 1978 e 1979 e uno, scritto in word, riguardante gli anni 1991, 1992 e 1993. Le pagine più vecchie sono di 45 anni fa e le più recenti di 30 anni fa. Ovviamente conservo ancora nella mia memoria qualcosa di quegli anni, ma l’immagine che ne ho è ormai un po’ sbiadita. Rileggere i diari di quei giorni ha fatto riaffiorare tanti episodi lontani e tante sensazioni di allora. L’impressione che ne ho riportato non è stata emozionante. Come diceva Pasolini:

Solo l’amare, solo il conoscere
conta, non l’aver amato,
non l’aver conosciuto. Dà angoscia
il vivere di un consumato
amore. L’anima non cresce più.


La vecchiaia non si alimenta della memoria né propria né altrui ma solo del presente, come la vita di tutti i viventi. Fra 30 o 45 anni non potrò leggere le cose che scrivo adesso e le tracce di una vita si perderanno come ceneri umane nel vento. Il problema del vecchio è il presente, o meglio non sprecare il presente nei modi più incongrui come contemplare il passato o sognare il futuro, che è tutto tempo che non esiste. Il presente, l’oggi, come dice Pasolini, per amare e conoscere, è l’unica cosa che conta. Non si può vivere di amori consumati. L’anima cresce soltanto nell’amare e nel conoscere nel tempo presente.

45 anni fa il mio mondo era lontanissimo dal mio mondo di oggi, sono cambiate le persone e le circostanze e io stesso ero un’altra persona, e leggendo i diari ne ho la conferma, non ero né migliore né peggiore, solo più giovane di 45 anni, con altri sogni, altri desideri, altri valori e altre speranze. Che cosa sarà di qui a 10 anni? E non mi azzardo a proiettarmi più lontano! La conclusione dell’arco dell’esistenza si avvicina ma non provo alcuna angoscia. Credo di avere avuto moltissimo dalla vita, onestamente molto di più di quanto avrei osato sperare. Non mi sono mai sentito veramente solo. Non ha senso pensare al passato, devo guardare al futuro anche da vecchio e quel futuro non deve essere necessariamente il mio futuro, ecco la spersonalizzazione della vecchiaia. Non ho rimpianti, le ipotesi teoriche non hanno senso, del passato mi limito a considerare soltanto il passato prossimo, quello le cui tracce incidono sensibilmente nel presente.

L’essere gay, a una certa età, si spersonalizza e diventa una qualifica identitaria teorica, fatta di ricordi e antiche fedeltà. Altre urgenze invadono il campo, si passa dai progetti per il domani alla sopravvivenza dell’oggi, ad un presente che si fa ogni giorno più vuoto cercando di esorcizzare il futuro che incombe. Eppure il sole non è ancora tramontato.

La mia identità gay ha segnato la mia vita e nel bene e nel male ha determinato il mio percorso esistenziale e ancora, in qualche modo, lo determina. Ho conosciuto un aspetto del mondo che non è quello maggioritario, mi sento estraneo al modo di vivere più comune, in qualche modo sento che la parola diverso rappresenta le mie sensazioni meglio di altre. L’identità non è sempre orgoglio, qualche volta è semplicemente uno stato che in sé è neutro. La sensazione di intravedere in altri identità più o meno affini è attenuata dal fatto che dietro la parola gay ci sono mondi individuali diversissimi e quindi le analogie sono sempre molto relative.

Mi rendo conto di appartenere ad una generazione al tramonto anche tramite Progetto, perché mi sembra un progetto di un’altra epoca, un po’ un residuato della mia epoca che poco si adatta alla realtà gay di oggi, un’immagine della realtà gay del passato, ancora del passato prossimo, ma irrimediabilmente del passato. La ricerca di una possibile realtà antropologica dell’essere gay porta alla conclusione che ammesso che quella realtà esista, è veramente poca cosa, è una valigia vuota con un’etichetta sopra, che ciascuno riempie come può.

Si impiega una vita a cercare persone con una valigia che abbia la stessa etichetta confidando sul fatto che l’etichetta aiuti la comprensione reciproca, e forse in misura minima è vero, ma le diversità individuali vanno molto al di là delle etichette e così smetti di cercare e anche di riempire la tua valigia perché al momento della partenza dovrai lasciarla in stazione, dove sarà messa in un deposito insieme con altri milioni di valigie con etichette di tutti i generi, in attesa di essere gettata quanto prima in discarica perché nessuno ne rivendicherà il contenuto. Questo sarà il futuro, è per questo che bisogna valorizzare il presente o almeno provarci. È di questo che cerco di convincermi ogni giorno.

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Re: LEZIONI DI VECCHIAIA GAY - ESAME DI UN SOLO CASO

Messaggio da progettogayforum » lunedì 27 novembre 2023, 0:13

ARRENDERSI
Arrendersi, cedere le armi, entrare nella seconda fase della vecchiaia, quella in cui la resistenza al tempo si arresta e la resa appare inevitabile. Prima il tempo distrugge i sogni, poi pian piano comincia ad intaccare il presente, il cedimento fisico comporta anche il rilassamento della volontà, che ancora esiste ma ci si fa ricorso solo nelle cose irrinunciabili o che ancora appaiono tali, perché piano piano si rinuncerà anche a quelle. Esistono poche cose che sembrano conservare valore: quel po’ di salute che ancora c’è, una casa calda e tranquilla, una serie di impegni che riempiono uno spazio che altrimenti sarebbe del tutto vuoto. Ci si consola con la lettura, con i documentari scientifici, con un po’ di studio per cercare di comprendere qualche argomento astruso che è rimasto non capito il gioventù. Il tempo che passa è scandito ogni mese dall’andare a prendere la pensione, ogni settimana dall’andare a fare la spesa e ogni giorno dal farsi la barba e dalla colazione al bar sotto casa. Poi ci sono le telefonate, che sono ancora tante e per fortuna tutte gradite. Alcune telefonate diventano col tempo componenti ordinarie della vita delle quali non si saprebbe fare a meno perché diventano occasione di confronto, momenti nei quali si è certi di non essere giudicati. Poi c’è il ritmo sonno veglia, che è come il ticchettio dell’orologio che non fa che ricordare che il tempo passa, anche se sembra che non corra ancora troppo. Gli anni passati sono ormai proprio tanti e quelli futuri diminuiscono continuamente. Il nuovo anno che comincia indica che c’è un anno di meno da vivere, e poi per fare che cosa? Per tenere vivo il forum che finirà con me? Per rispondere alle mail che sono sempre più rare? O per chissà che cosa. Penso spesso al dopo di me, vorrei vedere la realizzazione delle persone alle quali ho voluto bene, vorrei vederla e non solo immaginarla, vorrei esserci quando arriverà. In tante cose ho sperato e qualcuna si è realizzata. Sto gradualmente smettendo di sperare qualcosa per me, sarà quello che sarà, come diceva Baldwin “qui non c’è niente da decidere ma tutto da accettare”. Non mi faccio domande su quello che avrebbe potuto essere e non è stato e nemmeno su quello che potrà accadere, la vita ha il sapore del quotidiano, del giorno per giorno, del prendere quello che ti dà, che è in fondo già tanto.

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Re: LEZIONI DI VECCHIAIA GAY - ESAME DI UN SOLO CASO

Messaggio da progettogayforum » venerdì 1 dicembre 2023, 1:13

In vecchiaia molte delle facoltà mentali cominciano a traballare, la memoria si fa più incerta e labile, la fantasia tende piano piano a spegnersi, perché la proiezione nel futuro, che già aveva poco senso in gioventù, non ne ha assolutamente più in vecchiaia, la sessualità diventa un ricordo, l’affettività perde i toni forti e si trasforma in qualcosa che, per esistere, ha bisogno di tranquillità, c’è in fondo una sola cosa che resiste ancora all’assalto del tempo ed è l’interesse per l’astrazione pura. Passo le ore libere delle mie giornate, e spesso le intere nottate, a studiare problemi di analisi numerica. Il mio computer è pieno di programmi di tipo matematico, queste cose mi tranquillizzano e mi rasserenano, il fatto che mi ci raccapezzo ancora benino mi autorizza a credere che in fondo non sono del tutto fuori gioco. L’analisi numerica è qualcosa che mi permette di sentirmi meno vecchio, quei contenuti non perdono fascino con l’andare degli anni e finiscono per essere un succedaneo di tutto quello che non c’è più. E poi è possibile lavorare sull’analisi numerica anche nel più totale isolamento, si prova l’ebbrezza della ricerca puramente razionale. Basta carta, penna, computer e tempo. Quando un programma di calcolo arriva al risultato la soddisfazione è reale e la tendenza al costante miglioramento spinge a cercare sempre altre strade. Questa non è vita sociale, le cose sulle quali lavoro giorno e notte non interessano quasi a nessuno. Quando provo a parlarne con qualcuno, anche con persone che sarebbero certamente in grado di capire, avverto chiarissimo il disappunto, come se mi volessero dire che se uno spreca così il suo tempo vuol dire che sta proprio alla frutta. Dedicarsi ad attività di nicchia è però un antidepressivo potente, l’analisi numerica non ti abbandona, quando la cerchi c’è sempre, non è una compagnia ma qualcosa cui dedicarsi e che dà anche qualche soddisfazione. Che c’entra tutto questo con un forum gay? Beh, l’essere gay a una certa età diventa un essere stato gay. Il tempo che passa travolge ogni cosa, anche quelle che si credevano più sacre e immutabili. Un vecchio è solo un vecchio, tutto il resto è storia e solo il presente conta.

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SOLUTUDINE DEL VECCHIO GAY COME TERAPIA ANTI-STRESS

Messaggio da progettogayforum » sabato 2 dicembre 2023, 14:08

I gay in genere non hanno famiglia e non hanno figli, questo fatto, secondo il sentire comune, sarà la base dei loro problemi in vecchiaia, specialmente quando il bisogno di assistenza si farà sentire, ma sono portato a pensare che la solitudine crei almeno la consapevolezza che anche quando le forze verranno meno bisognerà cercare di tirare avanti puntando soprattutto, se non esclusivamente, sulle proprie forze. I vecchi sono un peso per le famiglie anche quando ci sono i figli, ma quando non ci sono figli sono un doppio peso per i nipoti, ammesso e non concesso che i nipoti vogliano farsene carico, il che non è affatto scontato, perché i giovani devono guardare al futuro e non al passato.

Il vecchio, bene o male, è vicino al compimento del suo ciclo e va registrando giorno dopo giorno il regredire delle proprie capacità non solo fisiche ma anche e soprattutto mentali, in primo luogo i deficit di memoria, la tendenza a non ricordare le parole appropriate e a finire in un discorso vago e improprio. Questi sono i primi passi della demenza senile e del distacco dalla realtà, che è anche, inevitabilmente, un distacco affettivo, una riduzione della vita ai parametri biologici fondamentali, una rinuncia consapevole che è piuttosto una liberazione dai vincoli sociali e anche familiari, un rintanarsi in un privato strettamente individuale che va difeso da qualsiasi intromissione. La tranquillità diventa il valore più importante, la minima contrarietà, come un difetto di funzionamento del telefonino o la necessità di registrarsi per effettuare una pratica amministrativa diventano ragioni d’ansia che alimentano il senso di inadeguatezza.

Si matura piano piano un distacco anche dagli amici gay, coi quali si finisce per discutere anche senza motivi seri, perché cercare di mettere d’accordo due vecchi con visioni del mondo diverse è un’impresa ai limiti dell’impossibile e la vera ragione sta nel fatto che ognuno vuole rimanere chiuso in difesa del proprio io individuale, che con l’andare del tempo tende progressivamente ad isolarsi e a vedere ogni forma di possibile dialogo come un’aggressione pericolosa, dalla quale è bene difendersi preventivamente con altrettanta aggressività. L’incompatibilità, che solo vent’anni prima sarebbe stata impensabile, vent’anni dopo è un dato di fatto. Prima il fatto di essere due gay era in qualche modo importante e serviva a costruire un dialogo, ma quando si diventa vecchi, la caratteristica gay sfuma e si resta solo due vecchi bizzosi che farebbero bene a non sentirsi più nemmeno a Pasqua e a Natale. Ecco perché la solitudine del vecchio gay è una vera terapia anti stress. Questo, almeno, è quello che penso oggi, che cosa penserò domani non sono in grado di prevederlo.

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FINE ANNO DI UN VECCHIO GAY

Messaggio da progettogayforum » giovedì 28 dicembre 2023, 17:21

Natale è passato, capodanno si avvicina, un altro anno se ne va, i vecchi non fanno festa per il tempo che passa, non amano guardare lontano, non corrono verso il futuro, cercano piuttosto di tenersi ancorati al presente! I vecchi non amano troppo le tecnologie, non amano la condivisione, la socializzazione, le feste intese come momenti di aggregazione, non amano i rituali di gruppo, preferiscono l’ombra, il silenzio, il riposo, la tranquillità, il sonno, la prevedibilità, quasi la banalità del quotidiano. Hanno sogni e desideri a breve, finché li hanno, si rifugiano nella logica, che dà loro ancora qualche soddisfazione, identificano la cura di sé non con l’estetica ma con la sopravvivenza, hanno costantemente paura di essere fuori posto, di dire sciocchezze o cose inopportune o sgradite, rinunciano a farsi valere anche quando pensano di avere ragione, convinti che avere ragione sia un piacere effimero e amaro che può essere soltanto strettamente personale. Aspettarsi che qualcuno riconosca che hai ragione, salvo non fosse per tenerti buono e zitto, è veramente troppo. Il vecchio che pensa di aver ragione in qualcosa, tiene per se le sue idee e lascia dire chi ha voglia e fiato per cercare di fare prevalere la sua posizione. Il vecchio non discute, semplicemente si distacca, lascia che altri prevalgano, se ne hanno bisogno, vede i rapporti umani come qualcosa che fa parte della vita, un po’ come le malattie, che si possono tenere a bada con un po’ di cautela e di prevenzione. L’orologio biologico fa notare la sua presenza perché con la vecchiaia le differenze dovute all’età si fanno più sensibili, sia a livello fisico che a livello mentale, perché il cervello è un organo come tutti gli altri. Il degrado fisico si avverte sia nel fisico che nel pensiero, in particolare nella memoria, nel coordinamento e nella scelta delle parole, la memoria è rallentata e in molti momenti difettosa, il pensiero non ha più il supporto di una memoria solida e si smarrisce in un linguaggio approssimativo o ripetitivo. L’assenza di volontà si manifesta soprattutto nei confronti delle persone, salvo rare eccezioni, sempre più rare, che rappresentano il privato, quello che ancora conta qualcosa, tutto il resto si perde in un mare indistinto, c’è quasi il piacere della rinuncia, del lasciarsi portare dalla corrente, del non combattere più. I doveri restano, meno impellenti e più vaghi. In effetti i doveri restano anche nella vecchiaia perché i doveri non puntano ad una gratificazione sociale ma solo al piacere interiore di avere fatto quello che andava fatto. Per un vecchio va bene tutto quello che è solipsismo, costruzione individuale, quello che può essere ancora simbolo di autonomia, di quell’autonomia che ancora esiste ma non si sa quanto potrà durare. Anche il desiderio di allungare comunque la vita viene meno e non perché la vita sia particolarmente sgradevole, perché non lo è, ma per il fatto che si prende coscienza della inutilità del proprio esistere, ci si rende conto di essere una monade che vaga in uno spazio infinito senza meta e senza scopo. L’essere gay è un attributo identitario al quale si può riconnettere solo una dimensione ideologica, di principio, di dovere. Non esiste più alcuna proiezione, ci si cala in un ruolo predeterminato e inevitabile, che è il ruolo del vecchio, dell’ex di tutto, una anticipazione in vita del caro estinto. L’anno sta finendo, non mi chiedo che cosa mi porterà quello che deve venire, qualsiasi cosa sia, cercherò di accettarla e di sopportarla con un po’ di dignità e di distacco, o di prenderla in modo positivo se ce ne sarà qualche ragione. Sta venendo sera, un’altra sera di una serie finita, non so nemmeno se dire “purtroppo finita” di sere. Stasera il riposo, e domani è un altro giorno.
Rileggendo i post di questa discussione mi rendo conto che sono ripetitivi, praticamente tutti uguali: lamentazioni senza costrutto, ma ormai ci stanno... e resteranno lì ancora per un po'.

Alyosha
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Re: LEZIONI DI VECCHIAIA GAY - ESAME DI UN SOLO CASO

Messaggio da Alyosha » venerdì 29 dicembre 2023, 12:52

Questo è un po' l'angolo che ti sei ricavato per i tuoi sfoghi. Un po' tutti ci lamentiamo sempre per le stesse cose. Non posso fare a meno di notare, almeno a me che guardo da questo spazio seppur limitato di un forum, che c'è una profonda discrepanza tra l'immagine che hai della vecchiaia e il vecchio che sei. Interpreti in un modo assolutamente diverso da quello che racconti al tua età, sia rispetto agli interessi, che rispetto al modo di vivere i tuoi limiti. Ce ne fossero di giovani così protesi verso l'altro, aperti al confronto, stimolanti nelle discussioni e negli interessi. Negare l'orologio biologico come lo descriviti tu non avrebbe alcun senso, ma anche questo è segno di una buona struttura dietro le proprie spalle, la realtà non va negata, coperta, ma vissuta. La solitudine poi è un tema che ha a che fare con molti di noi a prescindere dal Natale e dall'età. Feste di famiglia sono un incubo per chi una famiglia vera e propria non ce l'ha. Io vivo sempre con profondo disagio questo periodo e ci metto mesi a smaltire il Natale. Ci si confronta necessariamente con la famiglia con i genitori e con l'assenza di una dimensione affettiva reale, che è poi quello che ha tanto tormentato tanti qua dentro.
Non dubito che per te questi giorni siano ancora più faticosi, per cui avere uno spazio nel quale sfogarsi è sempre utile. I tuoi ragionamenti per altro sono sempre fluidi e lucidi. Direi che c'è un po' lo stigma della vecchiaia dentro di te, nel senso che certe condizioni sono esistenziali e in vecchiaia non siamo troppo diversi da come eravamo da giovani al netto degli acciacchi. Questo animo melanconico è un po' il tuo, però riuscire a dargli voce, renderlo comunicabile è un dono che senza dubbio hai. Per il lavoro che faccio vedo praticamente solo anziani e mi rendo conto che la solitudine è disarmante, la perdita di autonomia una punizione e la sostanziale volontà dei "giovani" di allontanare lo spettro della vecchiaia un esigenza. Per cui lungi da sottostimare il tema. La cosa bella è che se vogliamo vivere vecchi un giorno lo diventeremo tuti, per cui ancora meno capisco questa disattenzione per l'argomento. Le famiglie unite per le quali il "nonno" è un elemento prezioso, che è amato dai nipoti, sono delle rarità, ma ci sono, vedo anche quello.
Ogni tanto sfogarsi va semplicemente bene e non c'è nessuna esigenza ci sia un costrutto dietro.

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Re: LEZIONI DI VECCHIAIA GAY - ESAME DI UN SOLO CASO

Messaggio da progettogayforum » venerdì 29 dicembre 2023, 22:58

Ringrazio Alyosha per la sua risposta, che è sempre gradita. È evidente che le situazioni viste dall’interno e dell’esterno presentano aspetti molto diversi. Raccolgo qui un po’di riflessioni maturate nel tempo attraverso l’osservazione dei comportamenti miei e altrui, le conclusioni non sono generalizzabili e penso che non siano solide e stabili neppure per me, sono le mie attuali conclusioni, ma il relativismo, anche a livello individuale, è d’obbligo. Il gap generazionale esiste eccome ed è percepito da entrambe le parti. Due vecchi hanno problemi più o meno analoghi perché vivono esperienze analoghe di emarginazione o almeno di coinvolgimento marginale che li portano a capirsi almeno in parte, al di là delle differenze di carattere. La giovinezza è un’altra cosa e la comunicazione tra vecchi e giovani è oggettivamente più difficile, le storie individuali sono diverse, anche molto diverse. La mia vita negli anni 60 era diversissima da quella di un ragazzo di oggi, perché è proprio diverso il mondo che ci circonda. Mi rendo conto ogni giorno di essere lontano mille miglia dal mondo dei ragazzi di oggi nel quale non saprei orientarmi neppure al livello minimo. È meglio mettersi da parte prima di essere messi da parte, è ora di tirare le somme guardando in faccia la realtà. Il mondo va avanti comunque e io penso di non avere più nulla da dire. Grazie ancora Alyosha e buon anno per l’anno che verrà.

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VECCHI GAY TRA AUTONOMIA E ISOLAMENTO

Messaggio da progettogayforum » martedì 2 gennaio 2024, 12:32

Prima di cominciare a scrivere questo post, che è il primo del 2024, mi sono chiesto se nel titolo avrei dovuto scrivere “vecchi gay” o “gay anziani”, poi la risposta mi è sembrata ovvia, un vecchio è un vecchio e non deve avere paura delle parole. Alla parola “anziani” si attribuisce un qualcosa di positivo, si parla di “consiglio degli anziani”, di “graduatorie di anzianità”, si dice che l’anzianità “fa grado” cioè costituisce dei diritti, ma tutto questo vale per gli anziani ancora inseriti nei meccanismi sociali e di lavoro, cioè vale per gli anziani che non sono vecchi. Il vecchio non fa più parte di un meccanismo produttivo, è, per la società, un elemento esclusivamente passivo, percepisce una pensione, utilizza molto il servizio sanitario, è una spesa sociale improduttiva ed è anche socialmente inutile, ha scarsi rapporti sociali ed è visto generalmente come un peso di cui non ci si può liberare facilmente. Il vecchio di fatto è fuori dalla dialettica sociale legata alla produzione, ma anche dai rapporti affettivi tra adulti. Il vecchio viene considerato un rimbambito, cioè uno che deve essere trattato come un bambino perché non ha più le capacità di un adulto, ma il bambino ha delle potenzialità di crescita mentre il vecchio va incontro ad una involuzione inevitabile. Dopo l’infanzia c’è l’adolescenza, dopo la vecchiaia non c’è niente. Il vecchio dà per scontata la perdita di ruolo sociale ma non fa altrettanto per la perdita di ruolo affettivo, e quindi vive la perdita di ruolo affettivo come un trauma, come una forma di abbandono. Al vecchio, come al bambino, si rivolgono tante attenzioni formali, ma non lo si considera più alla pari, lo si emargina in modo sostanziale salvando l’apparenza di un rispetto soltanto formale. Il vecchio gay, se non ha un compagno, o se ha col compagno un rapporto di mutua utilità, senza una vera base affettiva, prova prima l’esperienza della marginalizzazione e poi quella della solitudine, che alla fine viene elevata a valore e assume quasi il significato di una scelta, per nascondere la realtà di una imposizione automatica, che non è neppure il risultato di scelte altrui, ma di meccanismi deterministici inevitabili, direi naturali. Nella sostanza è la natura che deve fare il suo corso, e la natura ha le sue regole, al di là degli individui e delle soggettività. L’anziano si accorge di essere messo in liquidazione, di contare più per quello che ha che per quello che è, si rende conto di avere soltanto prospettive a breve termine, di dovere concludere quello che ha cominciato per non cominciare niente altro. L’ansiano deve tirare le somme e chiudere la partita, almeno questo ci si aspetta da lui, ma l’anziano è sostanzialmente disinteressato a guardare al dopo di sé e perde interesse anche al sé e al presente, che diventa inevitabilmente un continuo rimescolamento di vecchie cose, di ricordi che elevano ad icone fatti veri o presunti del passato che nel presente non esistono più, nell’illusione che quei fatti nascondano significati arcani capaci di avere effetti ancora attuali. Per il vecchio, la memoria e la proiezione dei desideri si confondono, ciò che non si realizza nel presente, e a maggior ragione non si realizzerà in quel po’ di futuro che resta, lo si ricerca nei ricordi del passato, reinterpretato e integrato perché almeno quello appaia gradevole. Il rischio maggiore per il vecchio è il mezzo distacco dalle cose e dalle persone, che si realizza coltivando illusioni e proiezioni che allontanano il momento della presa d’atto della realtà. Rimanere legati a cose che non esistono, a ricordi che sono di fatto pure creazioni fantastiche, pensare di essersi distaccati dalle cose e dalle persone senza essersene realmente distaccati, sentire il distacco come un dovere, un obbligo, più che come una liberazione, vivere il mondo dei rapporti sociali e affettivi come un paradiso perduto piuttosto che come un limbo destinato a durare fino alla fine, se la demenza non arriverà prima a smantellare e a destrutturare il tutto. La fedeltà ai doveri sembra resistere a questa frana generalizzata, ma si tratta di doveri astratti, di obblighi formali. Le tracce di tutto il resto si perdono giorno per giorno. Il 2024 è cominciato!

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